Da oggi, secondo il sito specializzato “Tuttoscuola”, un alunno italiano su tre seguirà le lezioni da casa, in DAD. Si parla di circa 3 milioni di studenti dalle scuole dell’infanzia fino alle scuole superiori. Nelle ultime settimane, infatti, con l’acuirsi dei contagi, soprattutto sembra tra i più giovani, sono diverse le scuole che, per ordinanza regionale o per cambio di fascia su indicazione del Governo, hanno dovuto tornare alla didattica a distanza. Per quanto riguarda il Veneto, gli studenti continuano a seguire le lezioni in presenza, con il limite del 50%, per le scuole superiori. Nel frattempo parte oggi il sistema di monitoraggio con la rete delle scuole sentinella e il progetto di auto-somministrazione dei test. A parlarci della situazione degli istituti veneti è stata l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan.
Iniziamo con il Dpcm di marzo, che dovrebbe uscire questa settimana: stando alla bozza le scuole dovrebbero restare in presenza per tutti gli ordini e gradi, con il limite del 75% per gli studenti delle superiori, ma sembra che il Cts stia valutando linee più dure a fronte delle nuove varianti del Covid. Cosa chiede il Veneto al Governo su questo tema?
«Noi vogliamo che non si continui a cambiare rotta in maniera repentina. C’è una cosa che sta caratterizzando una continuità tra il governo Conte II e Draghi: si continua a ragionare come se la scuola fosse un sistema poco complesso che può essere modificato con dei cambi di rotta. La scuola ha bisogno di serenità, di dare messaggi rassicuranti e stabili. La scuola ha delle regole chiare, c’è una misura di accompagnamento legata anche al fatto che la sanità entra tempestivamente a circoscrivere o sospendere il gruppo classe nel momento in cui si registra qualche caso positivo. Non a caso in Veneto non abbiamo mai chiuso le lezioni in presenza agli studenti più giovani: infanzia, primarie e secondarie di primo grado sono sempre andate a scuola con risultati molto buoni in termini di controllo e contenimento del contagio. Per le superiori abbiamo deciso fin da gennaio di essere molto cauti: mentre il ministro Azzolina e il Governo diceva di tornare in classe dopo Natale noi dicemmo “no”, perchè non si può continuare ad aprire e chiudere in modo schizofrenico. Quello che chiediamo è che ci sia un po’ di capacità programmatoria».
Nel mese di febbraio, stando ai dati di Azienda Zero sono 1.702 gli studenti veneti che sono risultati positivi, 257 i docenti. È vero, come sostiene qualcuno, che i focolai si possono creare più facilmente tra i banchi di scuola?
«Non penso e i dati lo dimostrano: il contagio è in famiglia ed è normale, perchè è lì che si vive il più stretto contatto. Invece non c’è evidenza di focolai nelle scuole. Nella classe è chiaro che se c’è una presenza contaminata è anche più facile da isolare, perchè il gruppo classe è facilmente circoscrivibile. Non abbiamo avuto scuole chiuse e questo dovrebbe dirci che il sistema del monitoraggio funziona. Se pensiamo che sono 600mila gli studenti in Veneto, 1.702 contagi è una percentuale piuttosto contenuta».
Lei la settimana scorsa ha inviato una nota al neo ministro per l’Istruzione Patrizio Bianchi per evidenziare le criticità e le priorità delle scuole venete: aumentare le risorse umane ed economiche, investire sulla formazione professionale e tanto altro. Ha già ricevuto risposta?
«La premessa è che il comportamento del ministro Bianchi è totalmente diverso da quello della ministra Azzolina. A due giorni dalla nomina, Bianchi ha incontrato tutte le regioni e si è confrontato con noi assessori con un approccio molto più collaborativo e di condivisione. Questo perchè il ministro ha un passato da assessore regionale, quindi lo conosco molto bene anche a livello umano: è un uomo di grande passione per la scuola e soprattutto riconosce il ruolo dei territori. Con quelle note che sono state inviate da tutte le Regioni, ho voluto ricordare cosa è il Veneto: il Veneto è un sistema di scuole paritarie e pubbliche molto articolato, in cui le paritarie hanno bisogno di essere sostenute di più. Ho sottolineato che il tema delle risorse umane è strategicamente rilevante: non si può iniziare ogni anno la scuola con una mancanza di docenti in aula e un’assenza di docenti di sostegno. Questi sono problemi che stanno lì da tempo, ma che durante il Covid si sono aggravati e credo che il ministro proverà a risolvere alcuni di questi problemi».
Cosa ne pensa del nuovo governo Draghi, crede che sarà in grado di gestire l’emergenza sanitaria?
«Io mi auguro che sia in grado non solo di gestire l’emergenza sanitaria, ma di aiutare l’Italia nella sua più grave situazione economica dal Dopoguerra. Sul fatto che ce la farà o meno, io sono piuttosto scettica, perchè è una fotocopia del governo precedente, con le grandi attese poste in capo a Draghi. È un uomo a cui facciamo molto riferimento perchè pensiamo abbia poteri salvifici, ma la politica non si fa con i salvatori della patria. Si fa, invece, con le scelte e le condivisioni. Io non ho troppe aspettative, anche se spero che ce la faccia, non per il Governo Draghi, ma per l’Italia».