Social network, Lazzarin: «Serve un’educazione digitale»

La psicoterapeuta e referente per il Veneto di Hikikomori Italia Silvia Lazzarin è intervenuta ai microfoni di Radio Adige per parlare di un problema che sta dilagando sempre di più tra i giovanissimi: la dipendenza da smartphone.

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Il tema del giorno sono i social network e ciò che di buono e cattivo si nasconde nel mondo virtuale. In questi ultimi mesi sono stati diversi i casi di cronaca che li hanno visti come protagonisti, in particolare TikTok e Omegle. L’ultimo episodio è avvenuto a Palermo dove una bambina di dieci anni è morta asfissiata dopo aver preso parte ad una challenge su TikTok. Come si possono impedire certi gesti? A provare a rispondere è Silvia Lazzarin, psicoterapeuta e referente per il Veneto dell’associazione Hikikomori Italia.

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Molti ragazzini in questi mesi hanno fatto il pieno di social, complici anche il lockdown e la DAD, non sempre con effetti positivi. Quanto è grave questa situazione?


La dipendenza da Internet si è aggravata. I ragazzi a casa hanno dovuto impiegare il tempo a disposizione e solitamente la via più facile era navigare sul web e utilizzare i social. Non è detto però che l’abuso di internet abbia determinato come conseguenza l’isolamento e il ritiro sociale tipico degli hikikomori. Certo, in entrambe le psicopatologie c’è un isolamento, una compromissione delle relazioni e una perdita di contatto con la realtà. Si può superare intervenendo non solo sul ragazzo ma su tutto il contesto di relazioni. In primis la famiglia, la scuola, anche interventi educativi sul digitale. Dev’essere un intervento della collettività e non solo del singolo ragazzo.

Venendo ai fatti di cronaca, e soprattutto quelli riguardanti il suicidio: perché si verificano anche tra bambini di dieci anni e cosa può spingere un ragazzino a rischiare e talvolta a compiere fino in fondo questo gesto estremo?

I bambini non è che vogliono morire: i bambini non sanno che può succedere. Non sempre hanno una capacità di distinguere la fantasia dalla realtà: quando vedono i loro coetanei che mettono in atto dei comportamenti anche pericolosi, li emulano, non pensando alle conseguenze e non avendo la consapevolezza del rischio. I bambini non hanno la maturità e la consapevolezza del mondo virtuale e vanno per questo accompagnati.

Come ci si dovrebbe comportare qualora si notasse che il proprio figlio ha dei comportamenti strani, passa troppo tempo sui social, chattando anche con persone che non conosce?

I genitori non necessariamente hanno sempre tutte le colpe. Non è facile controllare un bambino che entra in internet e con che tipo di contenuti viene a contatto. I genitori possono però limitare i rischi. Se si notano comportamenti strani o si sospetta che il figlio chatti con estranei, il mio consiglio è porre delle domande a questi bambini. Per esempio: “Hai sentito che dietro a certi profili si nascondono degli adulti anche se si spacciano per bambini?”, e farli così riflettere e indurli a sviluppare un pensiero critico. Ciò che io penso potrebbe essere determinante è poi un’educazione digitale, sia per i genitori sia a scuola. Questo permetterebbe di avvicinarsi a questo mondo e riuscire a controllarlo. Un’altra cosa che consiglio sempre è non lasciare i bambini da soli in stanza con lo smartphone, ma che ci sia sempre una guida a supervisionarli. L’ultimo consiglio è mantenere sempre aperto il dialogo e il confronto con i propri figli.