A poche ore dall’intervento del Segretario Regionale della Sanità del Veneto Massimo Annicchiarico in merito alla situazione della medicina generale e alle polemiche che spesso ne conseguono, arrivano le prime repliche.
«La Regione del Veneto respinge ogni accusa di immobilismo in questo ambito e anzi rivendica il proprio concreto impegno: attualmente sono 792 i medici in formazione per diventare MMG, in attesa che, con la pubblicazione del nuovo bando per il triennio 2023-2026, possa partire il corso che mette a disposizione, tra risorse nazionali del Fondo Sanitario e quelle legate al PNRR, ulteriori 203 posti per la formazione in medicina generale. Tra coloro che attualmente frequentano il corso di formazione 309 hanno un incarico temporaneo o provvisorio di assistenza primaria e contribuiranno a dare una prima risposta già oggi alle difficoltà di copertura in alcuni territori», aveva precisato Annicchiarico.
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La replica di Anna Maria Bigon, consigliera regionale Pd Veneto e vicepresidente della Commissione Sanità della Regione
«Il direttore generale della Sanità veneta Massimo Annichiarico non si deve rammaricare perché lo sforzo della Regione nel colmare le zone carenti di medicina di base non viene riconosciuto. Non è questo il tema. I cittadini giudicano i risultati e in oltre due anni dall’ultimo picco del Covid la condizione della medicina del territorio non è affatto migliorata, anzi. La Regione è intervenuta più volte, ma in modo non adeguato alle necessità. La prima aumentando il numero degli assistiti per medico, non tenendo conto che parecchi medici avevano già superato la soglia dei 1.500 assistiti. In pochi hanno quindi aderito».
«Poco o nulla è stato fatto per incentivare l’associazione tra medici o forme più evolute di ambulatori. Come è noto, in Veneto il 50% dei medici lavora ancora singolarmente dovendo sobbarcarsi l’intero carico burocratico senza avere accesso ai contributi a carico della Regione riservati alle Medicine di Gruppo Integrate e senza godere dei vantaggi della convenzione tra più medici di base che consente almeno di suddividere le spese».
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«Successivamente, visto che il problema delle zone carenti non si risolveva anzi peggiorava, la Regione ha fatto intervenire i medici di continuità assistenziale, le guardie mediche, non rendendosi conto che per formazione e orario non erano affatto compatibili con le esigenze del cittadino. Non solo: la loro disponibilità sul territorio è così scarsa che ne mancano ancora circa 600».
«È stato sovrastimato anche l’impatto dei corsisti a cui è stata assegnata una zona carente dal momento che per coprire il carico di lavoro di un medico formato ne servono almeno due, mentre è stata impugnata anche l’ultima proposta della Regione sugli specializzandi.
Ora non esistono soluzioni magiche, ma si può distinguere tra palliativi e misure che vanno concretamente incontro alle esigenze dei medici: come Pd chiediamo che la Regione accolga e faccia propria la proposta di dare assistenza amministrativa ai medici di famiglia sgravandoli dall’invadente carico burocratico. Solo così potremo chiedere loro di prendere in carico un numero maggiore di assistiti».
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