Questa mattina la Polizia di Stato di Verona ha eseguito a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal GIP presso il Tribunale di Verona a carico di un ispettore e quattro agenti per presunti atti di violenza perpetrati nel periodo ricompreso tra il luglio 2022 e il marzo 2023, nei confronti di persone sottoposte, a vario titolo, alla loro custodia perché momentaneamente private della libertà personale.
«I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva – scrive il gip, Livia Magri, secondo quanto riporta l’Ansa –, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente ‘deboli’».
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Le indagini, condotte per otto mesi dalla Squadra Mobile di Verona, su delega della Procura della Repubblica di quel capoluogo, hanno contemplato anche l’uso di supporti tecnici e hanno riguardato comportamenti presumibilmente sfociati anche in atti gravemente lesivi della dignità delle persone sottoposte ad accertamenti di polizia. Ai cinque indagati, oltre al reato di tortura di cui all’art. 613 bis del Codice Penale sono stati contestati, a diverso titolo, anche i reati di lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio.
Le gravi vicende oggetto di accertamenti hanno formato oggetto di accurate e rigorose indagini delegate dall’Autorità giudiziaria procedente alla Polizia di Stato di Verona la cui professionalità nell’azione investigativa è stata, peraltro, evidenziata dal GIP nell’ordinanza che ha disposto le misure cautelari segnatamente in riferimento all’encomiabile efficienza e sollecitudine dimostrata nello svolgimento delle investigazioni.
Nel sottolineare, nel rispetto della normativa vigente, che la responsabilità penale delle persone indagate si considera accertata solo con sentenza irrevocabile, si rappresenta che i destinatari delle misure cautelari erano già stati trasferiti ad altri incarichi all’indomani della chiusura delle attività di indagine e quindi da alcuni mesi.
Nelle more dei successivi accertamenti giudiziari, il Questore della provincia di Verona, ha altresì disposto la rimozione dagli incarichi di altro personale che, pur non avendo preso parte a episodi di violenza, si presume possa non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi.
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I sindacati dei poliziotti
I sindacati dei poliziotti SIULP, SAP, SIAP, FSP-PDS e COISP scrivono in una nota congiunta: «Allo stato dell’arte, non avendo un’approfondita conoscenza delle risultanze investigative, le scriventi, in rappresentanza della totalità dei poliziotti veronesi, non possono che limitarsi ad alcune considerazioni necessariamente condizionate dalla genericità delle informazioni a disposizione».
«In primo luogo, va evidenziato come l’attività di accertamento sia stata posta in essere dalla stessa Squadra Mobile scaligera, segno eloquente dell’assoluta linea di trasparenza e d’imparzialità che caratterizza le donne e gli uomini che quotidianamente prestano servizio presso la Questura di Verona, e che riflettono il generale approccio culturale di tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato. Tutti gli interessati erano stati trasferiti dalle Volanti già nello scorso mese di dicembre, rendendo palese come questa inopinata decisione non potesse che avere quale presupposto una attività di indagine a loro carico. Attività che ha poi trovato conferma in ulteriori movimenti interni successivamente disposti, sempre con allontanamento dalle Volanti, di altri operatori».
«Alla luce di queste disposizioni si è rimosso, in nuce, il potenziale pericolo di inquinamento delle prove ed al contempo anche quello di possibile reiterazione dei reati, atteso che l’incarico a cui sono stati assegnati tutti gli interessati dai provvedimenti restrittivi escludeva, da parte loro, potenziali interferenze. Sorprende, quindi, non poco prendere atto del trattamento riservato a chi, nei sei mesi successivi, ha continuato a lavorare e ad esercitare le funzioni tipiche degli operatori delle FF.OO. (che, al pari delle restanti helping professions, sono diuturnamente esposte a delicatissime attività che, non di rado, degenerano in loro danno) mantenendo continuamente alto il proprio senso del dovere e di appartenenza alla Polizia di Stato».
«Beninteso, non è nostra intenzione invocare alcuna impunità . Confidiamo invero che gli sviluppi processuali possano consentire di individuare e perseguire, laddove siano comprovate, le rispettive responsabilità ed in pari tempo le estraneità alle configurate ipotesi accusatorie, auspicando che nelle more del giudicato si possano evitare processi mediatici che rischiano di infliggere pene e frustrazioni morali che nessuna eventuale assoluzione futura potrà riparare».

Tosi (Forza Italia): «Sono garantista, no a strumentalizzazioni»
«Prima di dare giudizi sulla vicenda – premette Tosi – credo sia giusto e corretto accertare definitivamente i fatti e le singole posizioni degli agenti. Ricordo che c’è ancora un’indagine in corso e già altre volte abbiamo visto persone arrestate e poi assolte o addirittura prosciolte prima del procedimento giudiziario. Sono un garantista. Ma una cosa deve essere chiara: siano evitate strumentalizzazioni e generalizzazioni da parte di chicchessia. Gli eventuali reati sono sempre da addebitare a mere responsabilità individuali. Le forze dell’ordine e il corpo di Polizia di Stato sono un pilastro della nostra sicurezza. A loro va la mia solidarietà e vicinanza».
Tosi poi riflette sul piano politico: «In linea generale credo sia opportuno trovare una quadra per apportare modifiche al reato di tortura. Per com’è codificato lascia troppo adito a strumentalizzazioni di ogni genere e alle interpretazioni estensive di una certa parte della magistratura».

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Martella (Pd): «La vicenda ci inquieta e ci lascia sgomenti»
«La vicenda che vede al centro alcuni agenti, arrestati, che prestavano servizio presso la Questura di Verona ci inquieta e ci lascia sgomenti. Si tratta di accuse gravi su cui ci auguriamo che presto la giustizia faccia il suo corso. E credo che per primi a chiedere questa chiarezza siano le donne e gli uomini che indossano questa divisa quotidianamente con onore e spirito di servizio. La Polizia di Stato appartiene al Paese e chi l’ha offesa è giusto che paghi per aver rotto innanzitutto il rapporto di fiducia con la comunità nazionale considerato il delicato lavoro che svolge per la sicurezza di tutti noi». Lo afferma il segretario regionale del Partito democratico del Veneto, Andrea Martella.
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