Da 20 anni in America, il veronese Marco Stevanoni, nel luglio del 2016 fa ha deciso di comporre la sua Lessinia privata tra le montagne dello Utah. Con la moglie americana, ha aperto Veneto, un ristorante dal nome che è un resoconto gastronomico della sua terra e, forse, della sua nostalgia.
Si guardano, prima di spezzettare la conversazione nel lessico mescolato dell’italiano-inglese che è tutto loro. Li incontriamo a Verona, durante una breve visita alla famiglia di lui. Marco e Amy abitano con i figli in una delle regioni più conservatrici degli Stati Uniti. Lo Utah delle immense distese desertiche e dei monti Wasatch, all’ombra dei quali si muove, vive e sospira la provincia americana.
Proprio nella capitale, a Salt Lake City, reame ufficioso ma anche ufficiale dei mormoni (lo Stato dello Utah è quello che ne ospita di più nel mondo, circa il 35%) o, per andare di nomi corretti, dei fedeli della “Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi giorni”, hanno deciso di aprire il loro ristorante che è veneto in ogni dettaglio, pure nell’usanza nostrana di non pretendere mance.
Una filosofia italiana, alla base della no tipping zone, come l’ha ribattezzata la stampa locale (The Salt Lake Tribune), piacevolmente colpita da questa felice deroga alla prassi della ristorazione americana. Niente regalie coatte, anche e soprattutto per promuovere un rispetto diverso, nuovo e rinnovato attorno alla figura del cameriere nel contesto statunitense.

«Le Olimpiadi invernali del 2002 qui hanno creato aperture». Il complesso mosaico tradizionalista della regione, sembra concedersi fessure, i mormoni «sono gente normale» conferma Amy. La poligamia, salvo i casi dei vari fondamentalisti (circa 40 mila mormoni negli Stati Uniti), non è più praticata dal 1890. La loro morigeratezza nei costumi (non possono fumare e bere alcol) non sembra entrare in conflitto con la pregiata scelta gastronomica del ristorante.
Ai tavoli dei coniugi Stevanoni qualche volta si siedono anche loro, i seguaci di Joseph Smith, ammirati dai sapori inediti di cose inenarrabili come, ad esempio, gli gnochi sbatui. Questa piccola isola arredata da ricordi italiani, è stata traslitterata nel Wild West, tre anni fa: «per “egoismo”: volevamo mangiare cibo italiano e non la versione americanizzata che si trova ovunque».

Quando Marco e Amy cucinavano la polenta, lo spezzatino, le tagliatelle all’anatra chiamavano a raccolta anche gli amici. In breve, l’appuntamento domestico, sempre molto apprezzato dagli invitati, si è trasformato in idea imprenditoriale. Un salto, ma non così nel buio per Marco Stevanoni che già da anni lavora, e continua anche oggi, nel mondo del vino, con un’attività legata all’importazione di vini italiani negli Usa.
Un mestiere che l’ha sempre tenuto con il pensiero intrecciato al Belpaese e che, tra l’altro, l’ha fatto collaborare in più occasioni con Joe Bastianich. «No, nel ristorante non l’ho coinvolto, anche perché credo ne abbia abbastanza dei suoi» Marco risponde veloce, con la premura di difendere, di perimetrare nei confini intimi della famiglia il suo Veneto, inventario personale dei sapori di casa, così primordiali e così necessari.
Sembra quasi, quando racconta di come incarica la mamma Nadia di nascondere tra i bagagli scorte di ricotta affumicata per trasportarle dalla Lessinia direttamente nello Utah, che tutto sia partito da un’esigenza profonda, quanto riuscita, di non abrogare quella sua geografia dell’infanzia. Lui, originario di Bosco Chiesanuova, tra una cosa e l’altra, dall’agosto del 1999 abita negli Stati Uniti, una borsa studio sportiva per lo sci, quando era ragazzo, ha fatto iniziare tutto.Si è laureato in Scienze Motorie e dopo una parentesi nel golf, ha scelto la strada del vino.

Nel frattempo la sua biografia si è arricchita dell’incontro più importante, quello con Amy. Un amore che è stato condivisione di radici ma anche di sapori. Cresciuta a Salt Lake City, una carriera nel marketing, si ricorda ancora quel giorno preciso, quando «Marco mi ha portato in una malga della Lessinia e ho assaggiato per la prima volta gli gnocchi». C’è anche un poco dello stupore di quell’inverno, nei menù precisi che inseguono la tradizione del Nord Italia e che cambiano quasi ogni mese, regolati solo dalla stagionalità e dai suoi comandamenti.
Ormai Marco è diventato un volto noto nelle trasmissioni televisive dello Utah. Spiega, nei programmi di cucina, i segreti della gastronomia italiana, senza eterodosse concessioni alle versioni altre. Racconta il segreto della pasta «deve cuocere in un’acqua che ha il sapore del mare». La ricetta degli gnocchi non la svela, dentro ci sono troppe cime, troppe montagne lontane da confidare.