De Paoli (InJob): «Il 2020? Un anno schizofrenico per il lavoro»

Carlo De Paoli, presidente InJob, è intervenuto ai nostri microfoni per fare il punto sulla situazione del mercato lavorativo in Veneto, sulle prospettive future e sui settori più ricercati dell’ultimo periodo.

In occasione del tema del nuovo numero di Verona Economia, abbiamo intervistato Carlo De Paoli, presidente di InJob, per fare il punto sulla situazione del mercato del lavoro veneto e sulle prospettive future.

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Immagino che l’anno appena concluso sia stato molto critico per la domanda e l’offerta del mondo del lavoro. Conferma?

Il Veneto non ha retto il colpo, rispetto ai 26mila posti di lavoro creati nel 2019, ne ha persi 11mila. Ci sono settori che hanno avuto determinate dinamiche rispetto ad altri. La caratterizzazione principale è l’incertezza sul futuro, che ha generato una schizofrenia nel mercato del lavoro e più in generale sull’occupazione.

Quali sono stati i settori lavorativi più richiesti dai clienti, sia datori di lavoro che candidati?

Il mercato si è mosso in maniera schizofrenica, ci sono stati settori che hanno avuto un’impennata brutale e un’altrettanta brutale frenata, altri settori che sono andati in continuità. Prevedo anche dal nostro Osservatorio delle dinamiche alterne rispetto ai cicli più o meno lunghi dei vari settori. Il settore alimentare ha avuto un’impennata anche se la produzione alimentare non ha come mercato di sbocco solo i supermercati ma anche il canale Horeca, che ha vissuto una grave decapitazione, soprattutto il comparto ristorazione e turismo. Noi siamo una provincia che, solo con il Lago di Garda, ha un indotto turistico importantissimo, non solo proveniente dagli alberghi ma anche da tutta la catena del lavoro che gravita attorno a essi.

Il settore delle costruzioni ha avuto una crescita dell’occupazione perché ha vissuto la coda lunga dei cantieri aperti prima della pandemia. Probabilmente questo settore vedrà più ombre in futuro, perché presumibilmente saranno meno i cantieri aperti in futuro. Alcune misure per la ristrutturazione varate dal governo hanno facilitato e faciliteranno la continuità anche per questo settore. A livello di professionalità, settori come l’informatica hanno avuto un’impennata perché c’è stata una forte accelerazione rispetto alla digitalizzazione dei processi.

Alla luce di queste considerazioni, ritiene che il 2021 possa costituire una forma di ripresa per il settore lavorativo in Veneto?

Questo è l’auspicio e ce lo auguriamo, ma non ci sono certezze. Tutto dipende da quanto si protrarrà questa situazione. Devo dire che il Veneto, e l’Italia in generale, ha una capacità di riprendersi dagli shock formidabile. Tante volte si esce dalla crisi perché si è stanchi di rimanerci dentro. Lo dimostrano gli USA con il credit crunch: nel decennio successivo sono cresciuti esponenzialmente perché c’era la volontà di crescere. Noi sia come società InJob sia per i dati del settore abbiamo visto una ripresa significativa delle assunzioni, già nell’ultimo trimestre nel 2020. Oggi viviamo un ben noto mismatch tra domanda e offerta di competenze: la situazione si acuisce per esempio dalla necessità di digitalizzare le professioni sempre più. Non c’è più l’operaio semplice, ora c’è l’operaio specializzato. Il sistema delle agenzie del lavoro a livello nazionale lavora con grande efficacia. Il nostro settore attraverso il Fondo interprofessionale Formatemp forma circa 250mila persone con un tasso di occupazione del 40% rispetto a questa formazione. Auspico che soprattutto In Veneto, dove c’è molta attenzione alle politiche attive, la collaborazione tra pubblico e privato possa accelerare la riduzione di questo divario tra le competenze richieste e quelle espresse dai candidati.