Alessandro Giuliani dallo scorso giugno è il nuovo General Manager della Scaligera Basket Verona. Per lui si tratta di un dolce ritorno a casa: Verona è la piazza che l’ha lanciato come allenatore nel 1989 prima nel Giovanile e successivamente dal 1996 in Prima Squadra. La sua carriera dirigenziale ha preso il «via» a Biella nel 2009 e ora è una delle figure rivestite dal compito di spingere la Tezenis nel massimo palcoscenico italiano. Insieme a lui, nei nostri studi, abbiamo parlato di pallacanestro a trecentosessanta gradi.
Partiamo con la scelta del momento: l’esonero di coach Dalmonte e la nomina di Andrea Diana come Responsabile della Prima Squadra. Nelle ultime settimane abbiamo visto una Tezenis fragile, spenta, incapace di uscire dal momento di impasse in cui è entrata. Le chiedo, al di là delle responsabilità di coach Dalmonte, quali sono secondo lei i motivi di questa flessione collettiva.
«Le colpe quando c’è da esonerare un allenatore o cambiare un giocatore si dividono tra tutti. Purtroppo non siamo riusciti a trovare un momento di intesa tecnico tra allenatore, squadra e società. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo capito che era il momento di intervenire, di togliere alibi ai giocatori e provare a prendere un coach come Andrea Diana che nella mia testa dovrebbe essere più funzionale alla squadra che abbiamo creato quest’estate».
Cosa si aspetta da questo nuovo corso?
«Mi aspetto sicuramente un entusiasmo maggiore da parte di tutti e mi aspetto di vincere, perché non ci siamo nascosti quest’estate e non lo faremo adesso. Questa secondo noi è una squadra che può vincere in LegaDue, un collettivo che può provare ad andare in Serie A. C’è una società solida, uno spogliatoio coeso ed una proprietà che lavora: ora sta a noi e ai giocatori provare ad onorare il “contratto” stipulato ad inizio stagione».
Le ultime stagioni hanno etichettato Verona come un “progetto incompiuto di squadra vincente”. Cosa è mancato per compiere il grande salto?
«Diciamo che gli anni scorsi c’erano delle squadre – parlo di Fortitudo, Roma e Treviso – costruite in maniera tale che era quasi impossibile per loro perdere la A. Compagini che si erano guadagnate la credibilità e la possibilità di crescere fin da subito. Per questo motivo, a mio avviso, era difficile per Verona raggiungere l’obiettivo. Verona si era data un programma triennale per arrivare in alto. Questo per me è il mio primo anno, ma è il terzo che vede una crescita di giocatori come Francesco Candussi o di altri che sono arrivati qui con del potenziale inespresso, come Mattia Udom, e che ora lo stanno mostrando al 100%. Per questo non ci siamo nascosti: quello che si può mettere sul piatto per andare in A quest’anno ce l’abbiamo».