Un coinvolgimento emotivo viscerale, uno stordimento dei sensi che intrattiene l’udito mentre gli occhi sono frastornati dallo iato tra sacro e profano, archetipico e culturale in una dimensione esoterica.
Questo è il vortice il cui lo spettatore è coinvolto al cospetto dell’opera Animo Convulso, l’istallazione all’interno della Cappella dei Notai presso la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti. La firma è di Matilde Sambo, giovane e visionaria artista Veneziana vincitrice del Premio Level 0 del 2019: è il talento selezionato da Patrizia Nuzzo in seno al format di Art Verona.

«Il mio progetto artistico nasce dall’analisi degli opposti, un’indagine che affonda le proprie radici nell’animo umano e nel suo profondo essere parte integrante della natura -spiega Matilde Sambo-. Nonostante cerchi emancipazione culturale e intellettuale non riesce a rinunciare a quel richiamo tenebroso e costitutivo che è l’istinto».
Questa dialettica si incastra perfettamente al contesto della Cappella dei Notai dove gli affreschi di di Louis Dorigny, Il miracolo del carro tirato dai buoi indemoniati e Il miracolo della coppa, imbrigliano nel tempo la lotta convulsa tra San Zeno e il Diavolo.

«Il contrasto sacro e profano dal contesto si riverbera sugli elementi che costituiscono la composizione: il diadema indossabile e il frutto dell’artiglio del diavolo ospitati in una struttura metallica -racconta l’artista-. Il terzo elemento è di tipo sonoro: ho registrato i passi umani che producono scricchiolii entrando nella Cappella. Il vecchio pavimento dove prima avvenivano le celebrazioni liturgiche oggi è sconsacrato ma mantiene il suo fascino attraverso un rumore immutabile nel tempo. Inoltre, sono intervenuta sulla traccia audio esasperando le sonorità fino a sfiorare l’elettronica».
Gli elementi oggettivi che compongono l’opera hanno un doppio rimando e sanciscono l’incontro tra natura e cultura, tra vizio e virtù fino a toccare le vette della contrapposizione tra leggendario e liturgico.
«Il diadema simboleggia autorevolezza ma non è brillante e prezioso come consuetudine, bensì è caratterizzato da cromie scure ed è scandito da punte uncinate: da forma a l’enigmatico proiettandoci in una sorta di età medioevale, in quella vertigine dei silenzi che quei luoghi e tempi, pregni di luce e ombre, rievocano nell’ansia di una dimensione trascendentale spesso invocata e a tratti raggiunta».

Il secondo elemento materico è il frutto essiccato di quello che viene chiamato Artiglio del Diavolo, pianta poco nota nella tradizione occidentale ma estremamente diffusa nelle culture africane: «In Sud Africa è ritenuta miracolosa e usata come potente anti-infiammatorio dalla notte dei tempi. E’ una delle piante erbacee principali della medicina tradizionale e, nel corso dei secoli, ha assunto significati ambivalenti: utilizzata come curativa sin dall’alba della civiltà, in natura, con la sua forma uncinata, può procurare ferite e dolore. Dunque, una duplice entità ed essenza: benefica e risanatrice, ma anche crudele e distruttrice».

Un’opera complessa e stratificata, un rimando a culture antichissime e metodi perduti fino alla contemporaneità sonora dialogando in una dimensione che riconduce al qui e ora.
Animo eclettico dedito alla ricerca di nuove soluzioni artistiche, Matilde Sambo è una fucina di idee: «Ho diverse mostre in cantiere e mi divido tra Milano e Venezia. Lavoro con passione e dedizione in attesa che le esposizioni riaprano di nuovo al pubblico. Attualmente, sono impegnato in un progetto video: un corto girato all’Anfiteatro di Capua a Santa Maria in Vetere».