Si incontrano, lasciano la Lega insieme «quando si trasforma» nell’era salviniana. La donna che sposerà Flavio Tosi, con o senza terzo mandato.
di Miryam Scandola
«È un buono». Dice con voce sporcata appena dall’imbarazzo e dimentica per un attimo le parole della politica che conosce bene come senatrice, a Palazzo Madama dal 2013. Non fa campagna elettorale quando racconta dell’uomo che ama. Torna a farla, certo, quando parla del sindaco che vede il suo mandato finire. Spera nell’Italicum Patrizia Bisinella per veder togliere quel limite legislativo che congela l’ipotesi di un Tosi tris. «Flavio me lo dice sempre: la cosa che vorrei di più per me è poter continuare a fare il sindaco». E lei? Lascia aperti spiragli «per chi come me parte dal Consiglio Comunale, fare il primo cittadino è la cosa più bella», senza permettere di ricamare congetture e un «sarò, comunque, della partita» dobbiamo farci bastare. Il tutto mentre si chiacchiera un avvicinamento tra Forza Italia e Il Fare! tosiano (così mentre scriviamo, ma si sa, poco è più volubile della politica) che potrebbe aprire gli scenari più disparati, soprattutto in caso di ballottaggio. Ma lasciamo le amministrative di primavera riposare nell’incertezza di schieramenti da fare e disfare e facciamo un passo indietro. Guardiamo a lei, camicetta in seta, 46 anni dei quali almeno una quindicina di militanza nella Lega. Si sapevano solo di nome nei corridoi del Carroccio quando lui, Flavio, era vicesegretario e lei, Patrizia, la pupilla prima di Calderoli e poi di Maroni. E ora «ho fatto qui il centro della mia vita e del mio lavoro». Da martedì a giovedì scende a Roma e, stando alla classifica di rendimento dei parlamentari, è una tre le prime della classe con il 59esimo posto. Da venerdì a lunedì si butta «nella mia Verona», città che ha preferito alla sua Castelfranco Veneto. Ma non di solo filobus e traforo vive Tosi, e, ovviamente, la sua first lady.
Prima, necessaria domanda, in tempi pre-elettorali: le piacerebbe Palazzo Barbieri?
Sono fortunata, ho un osservatorio privilegiato, e stare con Flavio mi permette di toccare con mano il contatto diretto con il cittadino che il ruolo di sindaco concede. In questo senso, a volte, il vestito di parlamentare può essere penalizzante perché ti separa dal territorio che rappresenti. Sei sì il collante tra i cittadini e i palazzi romani, ma alla gente non arriva sempre quello che fai. Invece, un sindaco è tutti i giorni sul campo. Per chi ha la passione della politica è forse la strada più bella. Certo che mi piacerebbe. Ma l’unica cosa sicura al momento è che sarò della partita dando una mano alla squadra.
L’ultimo scampolo di mandato per Tosi; le ha confidato di avere qualche rimpianto?
Non aver visto realizzate alcune opere infrastrutturali per cui si era battuto. Lui è uno che quando dice una cosa, poi la fa. Le cose fatte parlano da sole, e, alla fine, vengono riconosciute. Come nel caso del traforo, dove a pesare è stata la crisi economica che ha toccato il tessuto produttivo dei privati e a cascata quello dei lavori pubbici. La preoccupazione ora è che arrivi qualcuno e faccia fare passi indietro.
Una soddisfazione se l’è tolta con il lieto fine dei quadri di Castelvecchio.
Quando ci fu il furto lui, visse quella notte malissimo: non ha mai dormito ed è stato in contatto stretto con le forze dell’ordine. Il giorno della restituzione era distrutto dall’influenza ma è andato lo stesso a Kiev, imbottito di farmaci. Voleva avere le tele sotto gli occhi, vederle caricare sull’aereo. È stato un sollievo per lui.
Mi dice l’aggettivo che meglio racconta il sindaco?
È capace. Glielo dicevo anche quando lo frequentavo solo politicamente: è un vero conoscitore della macchina amministrativa e delle sue regole.
Un aggettivo, invece, per il compagno?
Flavio è un buono.
Ogni amore ha il suo inizio, qual è stato il vostro?
L’intensa campagna per le europee del 2014, da parlamentare lo accompagnavo nei vari incontri . E la simpatia in atto si è, come dire, trasformata. Galeotto è stato un derby. Io tifo Chievo, Flavio è da sempre per l’Hellas. Lui lo sapeva e ci ‘sfottavamo’ in continuazione. Eravamo nelle curve opposte quando ha vinto il Chievo all’ultimo minuto utile e io, esultante, dopo la partita l’ho cercato. Lui era arrabbiatissimo e in completo silenzio, alcuni amici della curva mi hanno addirittura detto di lasciarlo stare che: “Quando il Verona perde…”. Poi? Beh, ci abbiamo riso parecchio nei giorni seguenti.
Come trascorrete il tempo, quando non siete la “coppia politica”?
L’ho iniziato al tennis e ora scendiamo in campo insieme e facciamo i doppi con gli amici. Il tempo è poco, ma quando abbiamo una pausa per noi la sfruttiamo per visitare nuove città. Flavio è un fotografo bravissimo, e ama ritrarre paesaggi e monumenti. Tutto quello che fotografa lo salva e poi lo guardiamo insieme, proiettandolo nelle serate in famiglia.
Veniamo a lei. Una laurea in giurisprudenza spesa subito sui banchi leghisti come funzionaria legislativa tra federalismo fiscale e riforme costituzionali. Era così che si sognava da bambina?
Qui la stupirò. Da piccola tra le materie amavo l’italiano e mi piaceva tantissimo scrivere. Dicevo sempre che avrei fatto la giornalista. Alla fine del liceo ho iniziato a scrivere per la Tribuna di Treviso. Sono cresciuta con mio padre che comprava cinque giornali al giorno. Mi faceva leggere gli articoli e mi spingeva a confrontarli. Mai fidarsi di come viene venduta una notizia, diceva.
Quindi la Lega, se vogliamo, è stato il suo secondo amore…
Direi di sì, ho militato per 15 anni. Sono entrata in Parlamento con la lista di Maroni e con quella di Tosi, allora segretario nazionale per il Veneto. Poi arriva Salvini e in un anno e mezzo stravolge tutto.
Quando si è consumata la frattura ha seguito Tosi. Una scelta legata solo al cuore?
Ero comunque già in crisi, quando Flavio è stato cancellato dai libri sociali, e dopo quell’atto vergognoso, per me è stata una decisione assolutamente spontanea. Ma da tempo non mi riconoscevo più nel partito con la conduzione salviniana che boicottava le istanze venete in favore della Lega lombarda. La deriva lepenista ha preso il posto del federalismo fiscale, della questione settentrionale. Questo recente legame con l’estrema destra europea non mi è mai appartenuto. L’incapacità di mediazione che Salvini continua a dimostrare anche ora è stata determinante per la frattura. Tosi è sempre stato un pensatore libero dentro la Lega, e con Bossi e Maroni le cose sarebbero andate diversamente.
Ho lasciato, ma l’ho fatto prima di tutto con la testa, poi, ovviamente, ho seguito anche il cuore.
Tra amministrative e l’interrogativo delle elezioni anticipate, davanti avete un 2017 denso: perché non aggiungere anche il matrimonio?
Siamo molto contenti e per noi sarebbe il prima possibile. Tra una campagna elettorale e l’altra speriamo di riuscire entro quest’anno a sposarci. Vogliamo una cosa intima, quando ci sarà un po’ di spazio per noi due.
Cosa spera per lei, per voi, Patrizia?
Di vivere serenamente quest’anno che ci aspetta. E di continuare questa vita a due, dividendo la nostra passione per la politica, questo senso civico che ci viene spontaneo.