Piste da sci chiuse, dott. Pomari: «Non siamo ancora in grado di contingentarci»

Il responsabile dell'Unità di Pneumologia dell'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, Carlo Pomari, ci ha parlato della situazione epidemiologica nella nostra città e ha lanciato un invito a non abbassare la guardia a Natale. Sul tema delle piste da sci: «Se fossimo capaci di contingentarci potremmo andare a sciare, ma non possiamo distrarci».

Mancano poche settimane, ormai, al Natale 2020. Un periodo di festa che, però, quest’anno si preannuncia quantomeno ridimensionato: stando alle ultime indiscrezioni, infatti, il Governo, con il prossimo dpcm in uscita a giorni, vorrebbe vietare gli spostamenti tra regioni e così anche i tradizionali cenoni in famiglia, ma non solo. A scatenare le polemiche, negli ultimi giorni, è stata la notizia della chiusura delle piste da sci e dei relativi impianti di risalita per evitare una nuova ondata di contagi. Tanti i dubbi a cui si sta cercando di dare risposta, tra cui anche quello relativo alla chiusura delle piste anche negli Stati di confine, dove molti italiani sembrano volersi rifugiare per non rinunciare alla “settimana bianca”. Eppure la situazione epidemiologica ci rammenta che abbassare la guardia, in questo momento, potrebbe voler dire ripetere il copione di marzo e di settembre. A confermarcelo è stato il dott. Carlo Pomari, responsabile dell’unità di Pneumologia dell’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.

«Sulla situazione di Verona Zaia ha visivamente ragione perchè è la seconda città del Veneto più colpita con soggetti e persone contagiate, che sono circa 16mila oggi. – ha detto Pomari – Sono giornate durissime: siamo a 613 ricoverati tra area non critica e 75 di questi sono in rianimazione, quindi abbiamo tre volte di più la popolazione normale dei reparti di pneumologia e malattie infettive nei nove ospedali di Verona e Provincia».

Sulla situazione dei medici e degli infermieri, per il momento, Verona non sarebbe a rischio: «Noi a Verona siamo messi beni a livello di medici e infermieri, ma c’è stato un reclutamento di più persone. Per fare un esempio basta immaginare un megastore dove 600 persone hanno bisogno di aiuto, ma invece di essere in un megastore abbiamo nove negozi, quindi sono 75 persone per negozio: non siamo dimensionati per un numero così importante e improvviso. Siamo tutti stanchi, preoccupati di questa situazione, perchè noi siamo sotto pressione da mesi ormai».

Chiaro Pomari sulla chiusura delle piste da sci: «Abbiamo detto che il problema del contagio è la promiscuità specialmente nei luoghi chiusi, quindi si pensa che sulle piste non ci sia rischio. Ma tutti siamo andati a sciare e tutti sappiamo quante sono in montagna le occasioni per stare a contatto stretto con le persone. È come al ristorante, nelle piazze, nei bar, così come negli impianti di funivie. Se fossimo capaci di contingentarci potremmo andare a sciare, ma guardiamo cos’è successo con il black friday: la città si è riempita. Capisco che tutti abbiamo bisogno di dimenticare questo momento, ma non possiamo distrarci».

«Non abbiamo ancora il vaccino, quindi non possiamo fare un credito nei confronti del virus e mollare. Lo ha dimostrato marzo e anche settembre: abbiamo bisogno di un’altra dimostrazione per capire che se molliamo il virus ci riprende? Comincia ora ad esserci un debole segnale di ripresa e di riduzione della contagiosità del virus, perchè stiamo riducendo la possibilità di contagio. – conclude il dottore – È un ulteriore dimostrazione che se stiamo attenti non ci contagiamo. Ho sentito addirittura che a Milano stanno organizzando cenoni di nascosto tramite Whatsapp. Faccio un esempio: è come se prendessimo dei bambini e li mettessimo in un negozio di caramelle e gli dicessimo “attenti che il 10% di queste caramelle è avvelenato”. Voi cosa fate le mangiate?».

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