Pfas. Riscontrata ne Po la presenza di C6O4 (pfas di nuova generazione). Il presidente della Regione afferma «è la conferma che i pfas sono una questione nazionale: il Governo ponga il limite a zero».
Arpav ha comunicato agli uffici del Commissario delegato per i primi interventi urgenti di Protezione Civile in conseguenza della contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) delle falde idriche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova, Nicola Dell’Acqua, quanto segue:
«La settimana scorsa Arpav ha ricontrollato e verificato altri tre punti nel fiume. Facendo seguito a quanto convenuto con gli organi regionali, a partire dalla fine di gennaio Arpav ha esteso la ricerca di un nuovo composto C6O4 ad alcuni punti di acqua superficiali collocati in punti di attingimento idropotabile.
L’inquinante emergente in questione era in passato stato ritrovato nelle acque contaminate nei pressi dello stabilimento della Miteni, che lo utilizzava nel processo produttivo a sostituzione dei pfas tradizionali. Ma si è ritenuto di ricercarlo nell’ambiente per verificare la presenza da altre possibili fonti.
A marzo è stata riscontrata una positività presso la stazione di acque superficiali sul fiume Po in località Corbola con la determinazione di un quantitativo di alcune decine di nanogrammi litro. Il campionamento è stato ripetuto il 2 aprile scorso, confermando il ritrovamento sia nella stazione già campionata che a monte e a valle della stessa.
Considerato che, data l’ubicazione dei punti di campionamento, risulti pressoché impossibile che derivi dal sito inquinato nell’area dell’azienda Miteni, il composto quasi sicuramente deriva dalle regioni del bacino padano a monte idraulico delle prese in cui è stata ritrovata la sostanza con una concentrazione di circa 80 nanogrammi/litro. Ricordiamo, infatti, che la stazione è ubicata in prossimità di Castelmassa, al confine con Lombardia ed Emilia.
Una sostanza così poco utilizzata e di nuova generazione per essere riscontrata in queste quantità nel fiume più grande d’Italia fa supporre che si possano trovare a monte fonti di inquinamento importanti.
Si ricorda che per questa sostanza di nuova generazione gli standard analitici commerciali non sono disponibili e le analisi, ad oggi, sono sperimentali. Per questo motivo la Regione del Veneto sta predisponendo una segnalazione alle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte riguardo a questo ritrovamento.
Non essendovi limiti europei e nazionali, per motivi precauzionali il gestore della rete idropotabile Acque Venete ha già ordinato nuove batterie di filtri.
Queste azioni sono rese possibili anche grazie all’attività che la Giunta Regionale ha impostato già un anno e mezzo fa, con la Dgr 2232 del 2017, richiedendo a tutti i gestori della rete idropotabile di studiare sistemi di abbattimento da implementare qualora si trovassero ad affrontare situazioni impreviste come questa».
In merito alla comunicazione il Presidente della Regione ha commentato: «Questa è la conferma che la questione pfas è un tema che interessa tutto il Paese, ed è una primaria questione ambientale nazionale. Per questo motivo è necessario che il Governo, come ha già fatto il Veneto da tempo, intervenga fermamente, ponendo limiti zero. Invitiamo, quindi, il Ministero dell’Ambiente a muoversi sulla linea già tracciata dalla nostra Regione, agendo il più rapidamente possibile. Ciò a tutela della popolazione non solo delle aree interessate da questo tipo di inquinamento in Veneto, ma di tutti i cittadini del nostro Paese».
Sul tema è intervenuta anche la parlamentare Alessia Rotta: «Finalmente anche il governatore del Veneto si accorge che l’inquinamento da pfas è una questione nazionale». Così la vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico. «I governi a guida Pd hanno decretato lo stato di emergenza, previsto il commissariamento dell’area colpita e investito 80 milioni, ma non solo. Attraverso una legge di civiltà – spiega la deputata Dem – abbiamo lavorato per risolvere l’inquinamento da pfas e per eliminare alla radice i reati legati all’inquinamento. Ora Zaia chiede al suo governo di intervenire, ma – sottolinea – dimentica che sono ancora da spiegare le responsabilità della provincia di Vicenza a cui, a quanto emerge, era nota già al 2006 la tossicità di pfas e la presenza nelle acque».
«Noi intanto attendiamo ancora che dal ministero della Salute si attivino per mettere in campo ricerche e risorse affinché – conclude Rotta – sia garantito il diritto alla salute per le oltre 500mila persone nel Veneto coinvolte dall’inquinamento da Pfas».
Ad Alessia Rotta ha risposto prontamente l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin. «L’onorevole Alessia Rotta dovrebbe essere così umile da studiarsi le carte prima di parlare – dichiara l’Assessore all’Ambiente della Regione del Veneto – per la Regione del Veneto i pfas sono una questione nazionale dal 2014, basta leggere la lettera inviata dal nostro direttore regionale del dipartimento ambiente a luglio 2014 al ministero dell’ambiente dell’allora Governo Renzi per capirlo. Le mie prime sollecitazioni al ministro Galletti sono del 2015 come l’audizione alla Commissione Ambiente. Sollecitazioni che sono rimaste è purtroppo lettera morta vista la situazione attuale».
«Se la Rotta studiasse le carte – continua l’assessore regionale – scoprirebbe che il ministro Galletti, del Governo Renzi prima e Gentiloni poi, nel 2017, dopo diverse mie sollecitazioni, ha inviato una lettera a tutte le Regioni, chiedendo riscontro sull’eventuale presenza di pfas nei loro territori. Lettera alla quale ha fatto seguito un sollecito a maggio dello stesso anno. Le regioni che hanno risposto sono otto, e questo è avvenuto solo grazie alla mia richiesta perché prima nessuno sembrava essersene accorto».
«E tutto questo non bastasse – ribadisce infine l’Assessore regionale all’Ambiente – c’è la relazione finale della Commissione Bicamerale Ecoreati del 14 febbraio 2018. Basta leggere le conclusioni nelle quali si afferma che i limiti relativamente alla presenza di PFAS nelle acque li deve porre il Ministero per capire che è stata proprio la Regione del Veneto a sollevare il problema, ponendolo all’attenzione nazionale. Se la Rotta non si è accorta di tutti questi solleciti da parte della Regione Veneto, anche in Commissione Ambiente della Conferenza Stato-Regioni e in AIPO, mi domando come possa parlare dell’argomento non conoscendolo per nulla».
«La relazione del CNR segnalava la presenza dei PFAS in altre regioni già dal 2013 – conclude l’assessore regionale veneto – la verità è che il ministero non ha agito e che la questione non sarebbe venuta a galla se non avessi personalmente sollecitato un approfondimento e provvedimenti per far fronte all’emergenza. Chi dice il contrario ha solo voglia di polemizzare, sulla pelle di chi ha subito conseguenze e continua a patirle. E questa è una vergogna».