Mercoledì si è tenuto in videoconferenza un incontro sindacale sulla sicurezza del personale sanitario operante all’interno del carcere di Montorio. Il tema è tornato alla ribalta a seguito della gravissima aggressione accaduta il 21 agosto scorso ai danni di un medico psichiatra dell’Azienda Ospedaliera di Verona da parte di un paziente detenuto, nell’ambito del nuovo servizio Articolazione Tutela Salute Mentale (Atsm) attivo da fine giugno alla Casa Circondariale di Montorio.
In una nota CGIL Verona afferma: «Se da una parte come Sindacato apprezziamo la disponibilità al dialogo e al confronto manifestata da ULSS (a cui il servizio Atsm afferisce attraverso l’UOC – Unità Operativa Complessa “Salute in Carcere”) e da Azienda Ospedaliera di Verona (che fornisce il personale al servizio Atsm), dall’altra parte non possiamo che respingere e stigmatizzare la posizione assunta dall’amministrazione penitenziaria, che attraverso la Direttrice della Casa circondariale di Montorio ha affermato di non avere alcuna competenza nell’organizzazione dei servizi sanitari, ragion per cui ha disertato l’incontro».
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Il sindacato prosegue: «Va dunque ricordato che l’Atsm di Montorio è un servizio di riferimento regionale previsto dalla legge, regolato da delibera di giunta regionale Dgr del 30 maggio 2023, che testualmente recita: “L’amministrazione penitenziaria esercita le attività di osservazione, vigilanza e controllo h24 all’interno dell’ATSM approntando gli interventi di tutela dell’ordine e sicurezza intramuraria nel rispetto della normativa vigente tenendo in considerazione i problemi di salute mentale degli utenti”».
«Aggiungiamo inoltre, che accanto al personale dell’Atsm, fornito dall’Azienda ospedaliera, nel carcere di Montorio lavorano altri 16 infermieri e 1 operatore socio sanitario appartenenti all’Ulss che assicurano assistenza sanitaria h24 ai detenuti. La collaborazione tra l’amministrazione penitenziaria e gli enti sanitari è dunque un fattore cruciale e indispensabile a garantire la sicurezza del personale e a monitorare aspetti delicatissimi dell’attività come ad esempio la somministrazione di farmaci e psicofarmaci».
Le istanze del sindacato
CGIL conclude con un elenco di richieste: «Come Sindacato chiediamo pertanto con forza:
- la stipula di un protocollo condiviso che chiarisca la cornice di sicurezza all’interno della quale deve operare il personale sanitario, con l’attribuzione di responsabilità a tutti gli enti coinvolti nei vari servizi, onde prevenire altri episodi come quello di agosto, ed evitare che, in caso di incidenti, la colpa finisca per ricadere su medici, infermieri o sugli stessi agenti di polizia penitenziaria.
- chiarimenti immediati ed urgenti sull’adeguatezza degli spazi in uso ai servizi sanitari attivati, che alla scrivente organizzazione sindacale risultano NON IDONEI alle funzioni da supportare. In particolare ci chiediamo come è possibile che due funzioni diverse di sanità penitenziale condividano lo stesso locale.
- la predisposizione di tutte le misure, gli ausili e gli allestimenti necessari a garantire la sicurezza del personale che, allo stato, lo ripetiamo, non risulta assicurata.
- L’immediata riapertura del tavolo di confronto. Di fronte all’inaccettabile diniego dell’amministrazione penitenziaria a dialogare, annunciamo già che ricorreremo al Prefetto di Verona e che porteremo la questione ai tavoli nazionali».
Il parere della Sezione Veneta della Società Italiana di Psichiatria
«L’evento (l’aggressione dello scorso 21 agosto a Verona, ndr) evidenzia, in generale, la necessità di rivedere e rafforzare le misure di sicurezza nei contesti dove gli operatori della salute mentale lavorano e, in particolare, solleva interrogativi preoccupanti sulle misure di sicurezza adottate all’interno del carcere di Montorio – spiega la Sezione Veneta della Società Italiana di Psichiatria (PsiVe) –. È imprescindibile che le istituzioni pubbliche si impegnino a garantire un ambiente di lavoro sicuro, affinché i professionisti possano continuare a svolgere il loro compito senza mettere a repentaglio la propria incolumità».
«Come Società scientifica – aggiunge Emi Bondi, presidente nazionale SIP – non possiamo fare a meno di segnalare anche questo ennesimo episodio di violenza a carico di operatori, lasciati soli a gestire situazioni pericolose di aggressività nonché le difficoltà che un sistema come quello pubblico della salute mentale, stremato da tagli delle risorse e in carenza drammatica di personale, affronta nel venir chiamato a supplire carenze dei percorsi nelle carceri e le inadempienze nonché le incongruenze che la legge 81 ha determinato nella gestione dei pazienti autori di reato».
«È necessario un impegno concreto da parte dei decisori politici e degli amministratori delle istituzioni pubbliche coinvolte (come l’ospedale, il carcere e l’ASL) per implementare misure volte a prevenire eventi simili in futuro – prosegue la PsiVe –. La Sezione Veneta della Società Italiana di Psichiatria (PsiVe), esprimendo la sua solidarietà al collega aggredito, sottolinea con vigore la necessità di promuovere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro e di prevenire aggressioni al personale sanitario».
La visita dell’amministrazione comunale di Verona
Lo scorso 7 settembre il sindaco Damiano Tommasi e l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi si sono recati in visita alla Casa Circondariale di Montorio. Presenti la direttrice Francesca Gioieni, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, don Carlo Vinco e le rappresentanze dei lavoratori che a vario titolo operano nella struttura.
«L’interesse è assolutamente elevato perché l’esistenza di una Casa Circondariale all’interno del Comune ci riguarda da vicino, buona parte dei detenuti arrivano dal territorio veronese e buona parte di loro poi ci torna – afferma l’assessora alla Sicurezza Stefania Zivelonghi -. Massima attenzione nel piano di sicurezza urbana, anche perché spesso si tratta di persone che non riescono reinserirsi nel contesto sociale e lavorativo e che si trovano in condizioni di profonda fragilità. L’impulso è che la collettività intesa come istituzioni possa trovare la modalità di accollarsi la questione, ciascuno nel rispetto dei ruoli, perché la soluzione delle criticità riguarda tutti».
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