Ripercorrendo quegli anni che, dall’esclusione da scuola nel 1938 per le leggi razziali fino alla detenzione nel campo di concentramento l’hanno resa, prima una «lupa affamata che sognava la vendetta» e poi una «donna libera e di pace», Segre ha invitato i ragazzi a «battersi sempre per la libertà». «Il mio corpo è stato prigioniero, ma la mia mente no», ha detto.
«Ho sempre pensato con la mia testa e così dovete essere anche voi, non come quelli che seguono quelli che gridano più forte». «La vittima deve essere più coraggiosa e denunciare» mentre chi sta intorno «non deve essere indifferente e stare con il bullo che sembra più forte», ha concluso ricordando che «i nazisti ad Auschwitz erano i bulli di allora».
(ANSA)