I Finanzieri del Comando Provinciale di Verona, nella prima mattinata di ieri, hanno sequestrato preventivamente una serie di beni riconducibili a una società veronese e al suo amministratore, residente in provincia di Roma. Quest’ultimo è indagato, insieme ad altri tre sodali, per le ipotesi delittuose, in concorso, di truffa in danno dei consumatori ed evasione fiscale.
Contestualmente sono state eseguite perquisizioni a Savona, Roma, Verona e nelle rispettive province nei confronti dei quattro indagati e delle tre società coinvolte, con il contestuale sequestro di numerosa documentazione cartacea e informatica. Inoltre, per i risvolti a tutela dei consumatori, è stato interessato il Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza di Roma per consentire le valutazioni del caso da parte dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato.
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Il sistema piramidale messo in atto
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica scaligera e condotte dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Verona, hanno preso avvio dall’approfondimento di numerose denunce presentate dai clienti della società operante su larga scala attraverso il web. Le Fiamme Gialle, ampliando e approfondendo le investigazioni, hanno quindi individuato l’articolato sistema messo in atto dalla società. Quest’ultima disponeva infatti di uffici in provincia di Verona, ed era operante sul web attraverso una propria piattaforma, mediante vendita online di vari pacchetti promozionali che garantivano l’accesso a diversi servizi, con un sistema di vendita “piramidale”.
Più nel dettaglio, le indagini hanno consentito alla Guardia di Finanza di disvelare l’operatività di una vera e propria organizzazione dedita alla raccolta di denaro dai clienti con la promessa di riconoscere loro, a scadenze prefissate, dei crediti triplicati rispetto al capitale impegnato, promesse naturalmente non mantenute.

Evasione fiscale per trenta milioni di euro
Le indagini hanno consentito di appurare inoltre che le ingenti somme di denaro percepite dalla società non sono state dichiarate al fisco. Quindi, l’amministratore si è reso responsabile, nei diversi anni, sia delle omesse dichiarazioni fiscali, che di presentazione di dichiarazioni fiscali infedeli, oltre che di utilizzo di fatturazioni per operazioni inesistenti, grazie alla contestuale costituzione di dedicate società “di comodo” riconducibili agli stessi indagati, aventi funzioni di mere “cartiere” destinate fatturare delle operazioni fittizie. Le investigazioni hanno permesso di ricostruire un’evasione delle imposte, sia IRES che IVA, per un importo complessivo, relativo agli anni 2020 e 2021, di circa trenta milioni di euro.
Si sottolinea che il provvedimento cautelare reale eseguito interviene nell’attuale fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio. La responsabilità penale degli indagati sarà accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile. Nei confronti degli stessi vige, infatti, la presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva.
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