Dalle città d’arte, come Venezia e Verona, fino alla montagna. La pandemia, nel corso del 2020 e, sembra, anche in questa prima parte del 2021, ha messo in ginocchio uno dei settori trainanti dell’economia veneta. Stando ai dati della Regione Veneto il 2020 si è chiuso con un – 61,1% degli arrivi e un – 54,4% delle presenze. Ma a rimetterci fino all’ultimo centesimo è stata l’altra grande vittima della pandemia: la montagna. Le piste e gli impianti sciistici, che sarebbero dovuti tornare operativi in Veneto il 17 febbraio, sono stati chiusi ancora prima di riaprire a causa dell’ultimo provvedimento governativo. Le perdite a livello nazionale sono stimate in circa 9,3 miliardi per l’intero indotto, mentre per la sola montagna veneta si perderanno circa 900milioni di euro. A parlarne è stato il presidente di ANEF Veneto (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari), Renzo Minella.
Ci eravamo sentiti a novembre, con la speranza che a gennaio le piste e gli impianti sciistici avrebbero riaperto. Cosa che evidentemente non è accaduta. Vi aspettavate questo nuovo stop proprio due giorni prima della riapertura?
«Fino a quel momento, al 15 febbraio, ci credevamo ed eravamo pronti per ripartire il 17. Tutte le società impiantistiche del Veneto avevano risposto presente a questa ulteriore data di apertura, che non ha fatto altro che aggravare la situazione economica delle nostre società impiantistiche, perchè ricordiamo che il tira e molla che il Governo ha fatto con il Natale, il 7 gennaio e poi il 18 gennaio e il 15 febbraio, poi ora il 5 marzo, ha fatto sì che tutta la nostra organizzazione sia sempre stata in moto e non abbiamo potuto usufruire a pieno degli ammortizzatori sociali che avevamo a disposizione e abbiamo comunque mantenute le piste e gli impianti sempre pronte sperando in un’apertura. Ora la mobilità tra regioni è stata ulteriormente bloccata con una crescita dei contagi e quindi un grande punto di domanda anche per questa prossima riapertura, ricordandoci comunque che per noi il 5 di marzo significa “stagione finita”».
Con il blocco delle regioni la situazione è ancora più difficoltosa. Si potrà ripartire eventualmente, oppure è proprio una stagione da archiviare?
«Sì, noi adesso dobbiamo concentrarci con le nostre forze sui ristori e gli indennizzi, di cui abbiamo sentito parlare il nuovo Governo. Noi abbiamo subito danni importanti, soprattutto perchè abbiamo continuato a investire in vista della riapertura che però non è avvenuta. Noi siamo a fatturato zero da un anno, ma i costi incorrono: il nostro settore ha dei costi fissi che sfiorano il 70% dei nostri bilanci senza contare gli eventuali costi di innevamento che, fortunatamente, grazie alle abbondanti nevicate non ci sono stati».
Sono arrivati dei ristori da parte del governo?
«Non è arrivato ancora nulla, per il momento abbiamo solo delle promesse che speriamo si concretizzino velocemente perchè siamo allo streguo: le nostre società si stanno rivolgendo a istituti bancari per far fronte ai mutui e ai costi che abbiamo e sono elevati malgrado la riapertura. Se non dovessero arrivare i ristori molte delle nostre società farebbero fatica a ripartire. Credo che questo concetto sia arrivato al nuovo Governo e siamo in attesa del Decreto Ristori 5 che dovrebbe contenere tutti questi ristori per il turismo e, in particolare, per le società impiantistiche».
Chiudiamo, invece, con una notizia più positiva: i mondiali di sci sono terminati ieri. Come è andata per le piste e le zone montane coinvolte?
«È stata una vetrina importantissima in un momento difficile per il turismo montano. È una vetrina che ha messo in evidenza le bellezze delle nostre Dolomiti, del Veneto e che sicuramente avrà un seguito importante qualora il turismo potrà ripartire a pieno ritmo. Gli effetti di questo evento li vedremo nei prossimi mesi e anni. Ci stiamo anche avvicinando alle Olimpiadi del 2026, quando le nostre montagne saranno impegnate in un grande evento olimpico e mondiale».
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