La corona e le rose rosse dell’ANED al monumento che ricorda i Deportati in piazza Bra. Le visite di studenti e cittadini al carro delle deportazioni. Il sentito ritorno in presenza della cerimonia in Gran Guardia che, dall’inizio della pandemia, torna finalmente quest’anno a riaccogliere, negli ampi spazi dell’Auditorium, autorità istituzionali, cittadinanza e rappresentanti di scuole e di università cittadine.
Verona celebra oggi, venerdì 27 gennaio, il Giorno della Memoria, ricordando la Shoah e tutte le sue vittime.
La commemorazione è iniziata in piazza Bra con la deposizione di una corona al monumento ai Deportati a cui hanno partecipato il sindaco Damiano Tommasi, il Prefetto Donato Cafagna, il Generale di Corpo d’Armata Massimo Scala Comandante delle Forze Operative Terresti di Supporto, il Questore di Verona Ivana Petricca, il presidente della Provincia Manuel Scalzotto, per ANED Tiziana Valpiana e per l’associazione Figli della Shoah Roberto Israel.
Le autorità si sono spostate poi in Gran Guardia, accompagnate dai labari delle Associazioni combattentistiche e d’arma e il gonfalone della Città, per gli interventi ufficiali del sindaco Tommasi, del Prefetto Cafagna, della presidente della Consulta Provinciale Studentesca di Verona Martina Remadi e della presidente del consiglio degli Studenti di Verona Francesca Flori.
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Il Prefetto Cafagna ha dichiarato: «L’importanza del ricordo, ma anche il pericolo di dimenticare. Questi concetti sono stati espressi con la consueta nitidezza e forza nella dichiarazione resa alcuni giorni fa da Liliana Segre, senatrice a vita e deportata nei campi di concentramento nazista. “Fra qualche anno – ha detto la Segre – della Shoah ci sarà solo qualche riga nei libri di storia, poi nemmeno quelle”. Se davvero ciò dovesse accadere, significherebbe che rischia di scomparire non solo la memoria di un’immane tragedia, ma anche la lezione che da essa deriva, oggi, domani, sempre, per le donne e gli uomini di buona volontà del nostro Paese, dell’Europa, del Mondo».
Il Prefetto si è rivolto così ai giovani: «Vorrei che di questa giornata vi restasse impressa la memoria dell’indicibile tragedia dello sterminio degli ebrei ma anche la consapevolezza che la tolleranza, la solidarietà, l’amicizia, il rispetto della libertà e dei diritti delle minoranze e delle diversità sono gli unici antidoti che possiamo opporre al ritorno dei fantasmi di Aushwitz, di Mauthausen e di Treblinka».
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«La memoria è qualcosa di vivo, che dobbiamo celebrare intensamente, perché diventi un eterno ricordo di ciò che è stato e un monito perché non possa tornare più – ha dichiarato il sindaco Damiano Tommasi –. Il Giorno della Memoria è uno dei simbolo di tutte le tragedie vissute e che stiamo ancora vivendo, non dimenticare è qualcosa che ci rende tutti responsabili».
«Con l’inesorabile trascorrere del tempo i fatti della Seconda Guerra Mondiale stanno perdendo la preziosa e insostituibile testimonianza di coloro che sono sopravvissuti, i testimoni vivi di quella tragedia. Rimangono i luoghi, le parole, i racconti, le immagini di qualcosa che ha segnato e che sta segnando ancora i nostri tempi».
«Spesso in questi giorni di memoria mi sono interrogato su come sia stato possibile tutto questo. Una domanda che ci deve mantenere sempre vigili, attenti al rischio di abituarsi al male, al pregiudizio, alla generalizzazione, trasformando simboli in oggetti, persone in numeri, arrivando a togliere dalla discussione o dalla riflessione l’aspetto umano. La città di Verona è stata, purtroppo come tante altre città, protagonista di fatti che sembrano oggi impossibili. Oggi si celebra la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, il giorno in cui l’umanità ha preso coscienza di quello che è il limite a cui non dobbiamo più superare. Invito i tanti ragazzi e ragazze presenti ad abituarsi ad ascoltare, a capire, a non generalizzare e soprattutto a relazionarsi come persone, per abbattere tante barriere ma soprattutto per sentirsi squadra, comunità che deve difendere i diritti di tutti».
Il sindaco Damiano Tommasi ha poi assegnato alla memoria di Ferdinando De Guidi, già Croce al merito di guerra per internamento nei lager nazisti, la medaglia della città, ritirata dalla figlia Eleonora accompagnata dai suoi quattro fratelli. La medaglia della città, proposta dall’associazione ANED sezione di Verona, è stata assegnata anche alla memoria di Natale Mihel, sopravvissuto al campo di concentramento di transito di Bolzano, da dove partivano i convogli di prigionieri verso i campi nazisti. Il riconoscimento è stato ritirato dalla sorella Uda.
Insigniti, con la consegna da parte del Prefetto Cafagna della medaglia d’onore concessa dal Capo dello Stato, anche i veronesi Virgilio Caporali, Venerio Fasoli, Libero Fini, Giuseppe Franchini, Renato Frigo, Albano Guarnieri, Ugo Lenotti, Attilio Menini, Giuseppe Olivato, Ferdinando Righetti, Lino Tosi, tutti deceduti. A ritirare le medaglie i familiari.
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«Ho cercato di immergermi in una realtà che posso solo immaginare». Con queste parole la presidente della Consulta Provinciale Studentesca di Verona Martina Remadi ha spiegato ai presenti il difficile viaggio di conoscenza compiuto per capire, a quasi ottant’anni dai fatti, la immane tragedia della Shoah. «Ci sono costanti che si ripresentano nel corso della storia che però non vorrei rimanessero tali. Una di queste è il silenzio. Perché di fatto ho capito che tanto, troppo male è stato provocato dai nazisti, fascisti, seguaci e carnefici. Ma altrettanto male è stato provocato dal silenzio, venutosi a creare soprattutto negli anni precedenti, quando si capiva che ci fosse qualcosa che non andava ma si taceva. E il silenzio è secondo me un grandissimo problema. Silenzio significa che non si parla, non si comunica, vuol dire una democrazia che non è democrazia, vuol dire che non si crea una società ma solo individui rinchiusi in una bolla altrettanto silenziosa, spinti a vivere al di fuori di essa, spinti ad essere inevitabilmente sordi e ciechi, spinti a non riflettere, a ignorare, a non rispettare e a non ascoltare il diverso».
«Riteniamo fondamentale la presenza della rappresentanza studentesca – ha successivamente evidenziato la presidente del consiglio degli Studenti di Verona Francesca Flori – che è indice del ruolo che viene riconosciuto e che noi vogliamo ribadire alla scuola e all’università come spazi di formazione, non solo di future professioniste e professionisti, ma di persone, di cittadini e cittadine capaci, portatrici e portatori di un pensiero che non può mai dirsi discriminante, violento, escludente. Una formazione di questo tipo deve corrispondere all’impegno della comunità civile tutta a richiedere alle istituzioni scolastiche di essere reali occasioni di crescita, spazi per un pensiero vivo, attivo, critico, che sappia muoversi attraverso la conoscenza del passato».
È seguito il toccante intervento dell’oratore ufficiale Gadi Schöenheit, consigliere nazionale dell’Unione delle Comunità Ebraiche UCEI e figlio di Franco Schöenheit – deportato appena adolescente nel lager di Buchenwald. Un viaggio nella memoria e, soprattutto, nella storia di dolore attraversata dalla famiglia Schöenheit. «Per anni – ha sottolineato Schöenheit – ci siamo raccontati che gli italiani erano brava gente e che i cattivi erano solo i tedeschi, ma non è esattamente andata così. Le scelte e le conseguenze di tali scelte sono il frutto di tante terribili decisioni, iniziate dal 1938, con le Leggi razziali, che non sono state scritte su Marte ma nel nostro Paese».
Fino al 30 gennaio, con possibilità di visita dalle ore 10 alle 17.30, il carro della memoria stazionerà in piazza Bra, di fronte al Liston.
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