Di Lucrezia Messina
Erano le 23:15 di venerdì 8 settembre quando, nei pressi della città di Marrakech, la terra ha iniziato a tremare e gli edifici a crollare. Con il cuore in gola e il suolo oscillante sotto i piedi, migliaia di residenti e turisti si sono trovati improvvisamente catapultati in una notte di terrore e incertezza. In preda al panico, si sono riversati per le strade della pittoresca città marocchina in cerca di speranza. A distanza di qualche giorno, abbiamo ascoltato le voci di Elena Fasoli, veronese d’origine, in Marocco per motivi turistici, e Brahim El Hamich, residente a Lugo di Valpantena, marocchino d’origine, i cui genitori abitano proprio a Marrakech.
Elena, sappiamo che ti trovavi in Marocco per motivi di viaggio…
Sì, avevo organizzato una vacanza con mio figlio. Cerco sempre di organizzare un viaggio insieme a lui e mi piaceva l’idea del Marocco, non ci ero mai stata. Alloggiavamo al Kenzi Club Agdal Medina, che si trova nel centro turistico e dista circa dieci minuti dalla piazza principale. In quei giorni ho portato mio figlio a fare diverse escursioni: ad esempio abbiamo visto le cascate di Ouzoud, l’ho portato nel deserto a fare un giro con i quad nel Palmeto, cose da ragazzi.
Dove vi trovavate di preciso quando è stata registrata la scossa?
La scossa non l’abbiamo neanche sentita perché la sera avevamo organizzato una cena nel deserto di Agafay, che dista circa 30 chilometri da Marrakech.

Quindi quando vi siete accorti di quello che era effettivamente successo?
Lo shock c’è stato al rientro verso le 23:40 perché non capivamo cosa fosse successo. Le vetrate della reception dell’hotel erano esplose e c’erano calcinacci ovunque. Poi c’è stato un traffico generale, tra le sirene della polizia e lo sfarfallio dei lampioni, la gente sembrava impazzita e in preda al panico. Comunque, la corrente è stata ripristinata abbastanza in fretta e anche le connessioni hanno sempre funzionato. È stato uno di quei momenti di disorientamento in cui non ci si rende neanche conto di quello che succede. Pensavamo che ci fosse stato un attentato e fosse esplosa una bomba.
Come si sono organizzati i soccorsi?
L’hotel si è mosso subito. La struttura è grande, ci sono oltre 400 camere. Hanno soccorso immediatamente le persone, hanno tenuto aperto il ristorante tutta la notte e si sono organizzati perché molte persone hanno dormito in giardino. Io avevo mio figlio vicino, che è stata la cosa più importante, e il mio primo pensiero è stato andare in camera e tirare fuori i passaporti e i biglietti aereo dalla cassaforte.
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Per il rientro in Italia, vi siete organizzati in autonomia o vi ha aiutato il consolato?
Abbiamo fatto tutto tramite l’agenzia perché appunto le connessioni hanno sempre funzionato e avevamo la fortuna di avere il volo il giorno dopo. Ho preparato le valigie durante la notte. In aeroporto i controlli sono stati infiniti, anche all’andata sono stati lunghi ma non così tanto. È stata un’esperienza con un avventuroso rientro ed è stata tragica per chi ha perso tutto là.

Brahim, i tuoi genitori sono stati toccati dal terremoto?
I miei genitori no, solo tanta paura. Mi hanno chiamato subito dopo la fine della scossa ed erano terrorizzati, soprattutto mia mamma. Anch’io ho avuto paura, ma hanno fatto in tempo a scappare e uscire di casa. Non hanno avuto nessun danno serio alla casa perché abitano vicino all’aeroporto di Marrakech e l’epicentro del terremoto è stato lontano da lì. Però sono comunque rimasti in strada fino a notte fonda e mi hanno detto che non sono rientrati in casa fino alle 7 di mattina. Mi hanno detto che c’era gente che dormiva nei parchi e nei campi da calcio ma nessuno è tornato a casa fino alla mattina.
Ti hanno riferito qualcosa su come si sono svolti i soccorsi?
Purtroppo, c’è da dire che non è come qui in Italia o come i Paesi europei, e anche se sono passati già alcuni giorni ci sono zone in cui le macerie devono ancora essere controllate. L’esercito si è mosso subito ma recuperare le persone è stato molto difficile, e molte volte non hanno potuto fare altro se non constatare e contare le vittime. A quanto mi hanno detto i salvataggi sono stati davvero pochi, si contano sulle dita di una mano. Ora si è arrivati a più di 2000 vittime.
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Qual è stata la reazione del popolo?
Una cosa positiva, che non succede in ogni Paese, è che tutti i marocchini, anche di altre città, hanno raccolto fin da subito quello che avevano in casa, viveri e vestiti, e l’hanno mandato dove c’era bisogno. Non parliamo di centinaia ma di migliaia di persone che si sono mosse e hanno fatto delle donazioni, senza che nessuno dicesse loro di farlo.
I tuoi genitori hanno sentito dei numerosi aiuti che arrivano da tutto il mondo?
Una cosa che mi hanno detto è che il governo marocchino ha ringraziato tutti i Paesi che hanno inviato assistenza, ma ha accettato aiuti concreti dal Qatar, dall’Arabia Saudita e ancora da qualche altro Stato. Il governo ha ringraziato tutti i Paesi che hanno mostrato interesse verso l’emergenza in Marocco ma ha dichiarato che i cittadini si vogliono arrangiare da soli.
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