Si sono tenute oggi a Verona le iniziative per la commemorazione della Festa della Liberazione. Nell’Auditorium del Palazzo della Gran Guardia, il Prefetto Donato Cafagna, il Sindaco Federico Sboarina, il Vice Presidente della Provincia David Di Michele, il Presidente della Consulta scolastica provinciale Giacomo Girardi e l’oratore ufficiale Federico Melotto si sono soffermati sul significato della Festa della Liberazione alla presenza di numerose autorità civili, militari e religiose.
Il Prefetto ha ricordato come la Festa della Liberazione sia «una grande festa patriottica, forse la più grande, perché senza la liberazione e senza il sacrificio di chi lottò per la libertà propria e dell’intera nazione non ci sarebbe stata la Repubblica italiana, la democrazia, la Costituzione, appunto l’Italia così come è oggi».
Il Prefetto ha poi rivolto un pensiero «agli eventi tragici dell’Ucraina e alle sofferenze di quel popolo, al quale va la nostra solidarietà piena e la nostra amicizia incondizionata con l’auspicio che anch’essi possano conquistare una pace vera e giusta sulla quale fondare una via di democrazia e di libertà».
La cerimonia è proseguita in Piazza Bra, in una cornice di nutrita partecipazione di cittadini, con lo schieramento di un reparto dell’Esercito e l’alza bandiera, ed è continuata con la deposizione delle corone alle lapidi che ricordano i Caduti Militari e la Battaglia in difesa del Palazzo delle Poste, alla targa presso la Sinagoga a ricordo della Medaglia d’Oro “Rita Rosani”.

La commemorazione, dopo un corteo che si è snodato lungo le vie del centro, si è conclusa in Piazza Bra con la deposizione delle corone ai monumenti ai Caduti di tutte le Guerre e al Partigiano nonché alla targa dei Deportati nei Campi di Sterminio. A conclusione della giornata l’ammaina bandiera alle 18.
Di seguito riportiamo le dichiarazioni ufficiali del Prefetto Donato Cafagna, del sindaco di Verona Federico Sboarina e del presidente della Regione Veneto Luca Zaia.
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Il discorso ufficiale del Prefetto di Verona Donato Cafagna
«Cittadine e cittadini di Verona e della provincia, parlamentari, rappresentanti delle istituzioni civili, militari e religiose, delle Forze dell’Ordine, delle organizzazioni economiche, sociali, sindacali, del volontariato, delle associazioni d’Arma, partigiane, dei deportati.
A tutti porgo il mio saluto e ringraziamento per aver voluto condividere la celebrazione della liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista e la conclusione del 2° conflitto mondiale.
Settantasette anni sono trascorsi dal 25 aprile 1945 e nonostante il tempo lungo che ci separa ormai da quegli eventi, ancora non è sopito il dibattito su di essi e sul senso profondo della festa della Liberazione.
Tra chi per scelta di parte se ne sente escluso, chi di contro ne fa la propria esclusiva bandiera identitaria, chi evidenzia la sconfitta nella guerra mondiale, chi invece la vittoria del popolo che seppe resistere: in molti casi purtroppo il 25 aprile finisce con il diventare l’occasione per dividersi piuttosto che per unirsi, con la conseguenza di rendere questa giornata un unicum nel calendario delle ricorrenze legate alla storia nazionale.
E ciò anche ora che i protagonisti di quegli anni non ci sono quasi più. Anzi, forse per un verso la mancanza di sintonia si è accentuata con il venir meno delle voci e delle figure che attraversarono e segnarono con le loro scelte un’epoca decisiva anche per le nostre vite, e penso a Sandro Pertini per tutti. La nostra resistenza – diceva Sandro Pertini – consiste oggi nel difendere le posizioni che abbiamo conquistato ossia nel difendere la Repubblica e la democrazia.
La forza della democrazia è il tema centrale sul quale si è svolta la riflessione di Norberto Bobbio per il quale il 25 aprile costituisce il momento non tanto per rievocare quegli eventi, quanto per farli capire a coloro che ancora mostrano di non averli capiti.
Ed infatti se è vero che la Resistenza fu la lotta di una parte in cui convergevano però ideologie diverse rivolte all’unico obiettivo di contrastare il nazi-fascismo per la salvezza della patria, negli stessi mesi molte città si sollevarono dal sud al nord Italia, consentendone la liberazione prima dell’arrivo degli eserciti alleati.
La Festa della Liberazione è quindi una grande festa patriottica, forse la più grande, perché senza la liberazione e senza il sacrificio di chi lottò per la libertà propria e dell’intera nazione non ci sarebbe stata la Repubblica italiana, la democrazia, la Costituzione, appunto l’Italia così come è oggi.
Da quella lotta per la libertà scaturisce un patrimonio politico e morale che è un bene prezioso che va difeso e portato avanti, perché racchiude l’essenza di quel Risorgimento, un secondo Risorgimento, al quale, come venne scritto nel 1955 nel decennale della liberazione, può paragonarsi il moto di rinnovamento espresso dalla Resistenza.
Un percorso ideale che trova la sua corrispondenza nel percorso reale attraverso luoghi dispersi in ogni parte d’Italia, dove i resistenti – fossero partigiani, civili o militari – trovarono la morte.
Quasi un pellegrinaggio, come quello che compiremo tra poco per le strade di Verona, per rendere omaggio, in piazza Viviani, presso la Sinagoga e in piazza Bra alle lapidi e ai monumenti che ricordano quel sacrificio spinto all’estremo per resistere al nemico e ad una ingiusta occupazione del proprio Paese, lottando per la sua libertà e per guadagnare per esso una pace vera, giusta. E’ con una commozione speciale che viviamo oggi questo itinerario doloroso, mentre è in corso una guerra in Europa.
Il pensiero corre agli eventi tragici dell’Ucraina e alle sofferenze di quel popolo. Agli Ucraini va la nostra solidarietà piena e la nostra amicizia incondizionata con l’auspicio che anch’essi possano conquistare una pace vera e giusta sulla quale fondare una via di democrazia e di libertà.
Buona Festa del 25 aprile a tutti».
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Il discorso ufficiale del Sindaco di Verona Federico Sboarina
Saluto istituzionale per il 77° anniversario della Liberazione, 25 aprile 2022
«Cittadini, autorità, rappresentanti delle Istituzioni e delle associazioni combattentistiche e d’arma,
celebriamo oggi il 77° Anniversario della Liberazione del nostro Paese dalla guerra, dalla dittatura e la riconquista della libertà con il ritorno alla democrazia mentre fuori dai nostri confini, a meno di duemila chilometri, si combatte in Ucraina un conflitto con centinaia di vittime civili. Ecco quindi che questa giornata assume un significato ancor più importante.
Oggi anche più di ieri, le celebrazioni del 25 aprile, che appartengono a tutti gli italiani, devono essere un tempo per parlare di pace, di giustizia e solidarietà civile.
Quando nel 1945 terminò la guerra, iniziò per l’Italia una nuova via democratica. In nome della libertà e del rispetto, il nostro Paese è cresciuto e si è sviluppato portando in alto quel valore che oggi vediamo minato in tanti posti del mondo. Alcuni molto vicini a noi. La fine della Seconda guerra mondiale, e della dittatura che l’hanno generata, fa parte della nostra storia patria, questa festa nazionale non deve essere un momento divisivo ma l’occasione in cui tutti insieme rinnoviamo l’impegno per la difesa della pace perché dal sacrificio di tante vite umane discende ciò che siamo oggi e le conquiste civili che lasciamo ai nostri figli.
Oggi anche più di ieri, a distanza di decenni, questa giornata deve unirci nel ribadire con fermezza che la guerra non può essere un metodo per risolvere le controversie. Che la storia, attraverso il ricordo e la memoria storica, deve insegnare all’uomo a non ripetere gli orrori ed errori del passato. La nostra Costituzione ripudia la guerra, per questo non solo la condanniamo ma siamo attivamente impegnati negli aiuti alle popolazioni colpite, anche questo è un modo concreto per fare ognuno la propria parte e seminare azioni positive.
Oggi anche più di ieri, abbiamo sulle spalle la responsabilità del domani, del futuro che lasciamo alle nuove generazioni. Davanti a nuovi conflitti internazionali, le diatribe ideologiche di un secolo fa sono anacronistiche e strumentali. La pace, infatti, si manifesta e si esprime con il dialogo e con il rispetto che dobbiamo insegnare ai giovani, ai nostri figli e nipoti.
Ai giovani dobbiamo trasmettere la forza di rifiutare qualsiasi violenza, la capacità di difendere la democrazia contro le oppressioni, la serenità di giudizio al posto della tifoseria perché ogni cittadino può essere pompiere quando intravede una miccia che si accende. Essere protagonisti di un percorso di unità significa essere donne e uomini di valore, in grado di fare la differenza.
Commemoriamo come ogni anno le vittime dei campi di sterminio e condanniamo gli orrori del passato, ciò che i nostri nonni hanno vissuto e patito si sta purtroppo ripetendo sotto i nostri occhi in Ucraina. Oggi anche più di ieri, la festa della Liberazione non deve essere solo un momento per non dimenticare perché la Storia ci sta mettendo davanti agli occhi nuovi orrori. Questa giornata deve fare anche di più: ci deve aiutare a superare gli steccati ideologici. Istituzioni e singoli cittadini siano parte attiva affinché quello che sta succedendo, termini al più presto.
W la libertà
W l’Italia».

Il messaggio del Presidente del Veneto Luca Zaia per Festa della Liberazione e San Marco
«Settantasette anni fa, con la Liberazione, per il nostro Paese si concludeva il secondo conflitto mondiale e con la democrazia ritrovata si è cementato quello spirito di rinascita alla base di uno sviluppo senza precedenti per la nostra regione che dalla rovina e dalla miseria passò ad essere uno dei principali poli produttivi a livello internazionale. La certezza di aver imparato dalla storia il valore della libertà, diede ai nostri genitori la volontà di ricostruire la nuova società rifiutando la guerra e con la volontà che quella conclusa nel 1945 sarebbe stata l’ultima a sconvolgere l’Europa. Oggi, invece, stiamo purtroppo assistendo, in Ucraina, ancora a una nuova guerra. Un’aggressione internazionale che, al di là degli intenti geopolitici, ha prodotto nuove e numerose vittime tra civili e bambini, decine di migliaia di profughi, distruzione di intere città e paesi. Una scia di sangue che, con forza, chiediamo sia al più presto interrotta.
Il 25 aprile per noi è anche la festa del Patrono delle Genti Venete, San Marco, il cui leone alato è ancora simbolo universale sulla nostra bandiera. L’unica bandiera al mondo su cui figura la parola ‘Pace’. È la sintesi di un’antica tradizione di libertà, solidarietà, altruismo e cosmopolitismo da sempre propria della nostra gente. Per questo, la data della Liberazione rappresenta doppiamente una ricorrenza di identità storica, nel rispetto della libertà di tutti e delle regole, nel rifiuto di ogni violenza e prevaricazione, nei valori della civile convivenza, nell’assunzione autonoma delle proprie responsabilità come contributo alla vita e alla crescita collettiva.
Il nostro Veneto settantasette anni fa faceva i conti con il dramma della guerra e il prezzo che richiede la libertà. Un prezzo pagato con molte vite e tante sofferenze che, oggi, ci impone di non dimenticare come nella nostra regione sia stata scritta una delle pagine più importanti della Guerra di Liberazione. Una Resistenza non solo combattuta con le armi, come ci ricordano i tanti gonfaloni dei nostri comuni decorati al valore, ma anche vissuta silenziosamente come quella di tante donne che sopportarono rischi e fatiche, reagendo alle privazioni, alla fame e alle razzie. O quella di coloro che a rischio della loro vita hanno reagito alle persecuzioni razziali come gli oltre cinquanta veneti riconosciuti Giusti tra le Nazioni da Israele. Nel clima di odio più profondo che il nostro paese ha conosciuto c’è stato, infatti, chi non ha perso i sentimenti di umanità. Quegli stessi sentimenti che, in altra situazione, oggi condividiamo accogliendo nella nostra regione oltre 14.000 persone in fuga dalla violenza della crisi ucraina e che hanno sostenuto migliaia di cittadini, operatori e volontari nel corso della grave pandemia da cui stiamo faticosamente uscendo.
Liberazione e San Marco sono le celebrazioni che in un’unica giornata riuniscono quei principi come pace, lavoro, democrazia, solidarietà che sono da sempre nel DNA della nostra terra. Un’occasione per vivere la ricorrenza nel significato che rappresenta, oltre ogni divisione ideologica».
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