
Medici Senza Frontiere (MSF) ha inviato ieri, domenica 29 ottobre, 26 tonnellate di forniture mediche in Egitto con un volo aereo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in in collaborazione con la Mezzaluna Rossa egiziana.
«Le forniture mediche coprono il fabbisogno di 800 interventi chirurgici e sono destinate alle diverse strutture sanitarie a Gaza con cui MSF collabora da molti anni. MSF chiede che questi aiuti possano entrare nella Striscia il prima possibile, poiché gli ospedali di Gaza sono sovraccarichi di pazienti e stanno esaurendo le scorte mediche, dopo più di tre settimane di assedio da parte delle forze israeliane. MSF ribadisce l’appello per un cessate il fuoco urgente a Gaza, per evitare altre morti e consentire la consegna di aiuti umanitari disperatamente necessari», fa sapere l’organizzazione.
Medici Senza Frontiere (MSF) lancia poi un appello per un immediato cessate il fuoco a Gaza per evitare altre morti e permettere l’arrivo di nuovi aiuti umanitari. «Da venerdì 27 ottobre i bombardamenti israeliani hanno raggiunto un livello mai visto prima: il nord di Gaza è costantemente sotto pesanti attacchi, nel resto della Striscia continuano le operazioni militari e i civili non hanno alcun luogo sicuro dove ripararsi», scrive l’organizzazione.
«Intanto, le azioni dei leader mondiali sono troppo deboli e troppo lente: la risoluzione non vincolante adottata dalle Nazioni Unite per una tregua umanitaria non ha portato alla fine della violenza indiscriminata scatenata su un popolo indifeso. La comunità internazionale deve intraprendere un’azione più forte per esortare Israele a fermare lo spargimento di sangue. Le persone vengono uccise e sfollate con forza dalle loro case, mentre acqua e carburante si stanno esaurendo. Assistiamo ad atrocità mai viste prima a Gaza», aggiunge.
Le strutture sanitarie stanno inoltre finendo le forniture mediche. «Gli ospedali sono pieni di pazienti, le amputazioni e gli interventi chirurgici vengono eseguiti senza anestesia e gli obitori sono pieni di cadaveri» dichiara il dr. Mohammed Obeid, chirurgo MSF a Gaza.
Il blackout totale delle comunicazioni del 27 ottobre ha limitato ulteriormente la capacità di coordinare e fornire assistenza umanitaria e medica. Le persone sotto le macerie, le donne in stato avanzato di gravidanza e gli anziani non sono in grado di cercare aiuto. MSF ha anche perso i contatti con la maggior parte del proprio staff palestinese.Â
In tutta Gaza, il numero di feriti con bisogni medici urgenti supera di gran lunga la capacità del sistema sanitario, che attualmente dispone di circa 3.500 posti letto. Un numero così elevato di vittime in così breve tempo non si era mai visto, neanche nelle precedenti offensive israeliane su larga scala.Â
Un ospedale come quello di Al Shifa a Gaza City, dove lo staff palestinese di MSF continua a lavorare, è sommerso dai pazienti. L’ordine straeliano di evacuazione è impossibile da rispettare perché al momento l’ospedale è al massimo della capacità con pazienti in cerca di cure mediche e decine di migliaia di altri in cerca di un rifugio sicuro. Secondo il diritto internazionale umanitario, malati, operatori sanitari e strutture mediche devono essere sempre protette.
«Persone indifese sono sottoposte a orribili bombardamenti. Le famiglie non hanno dove scappare o nascondersi, mentre l’inferno si scatena su di loro. Abbiamo bisogno, adesso, di un cessate il fuoco – afferma la dr.ssa Monica Minardi, presidente di MSF in Italia -. Acqua, cibo, carburante, forniture mediche e aiuti umanitari a Gaza devono essere ripristinati con urgenza».
Milioni di uomini, donne e bambini stanno affrontando un assedio disumano, una punizione collettiva e indiscriminata, vietata dal diritto internazionale umanitario.Â
Le autorità israeliane continuano a impedire l’ingresso di carburante a Gaza, essenziale per alimentare gli ospedali e gli impianti di desalinizzazione che producono acqua potabile. Venerdì sera, il bilancio delle vittime era già di oltre 7.300 secondo le autorità sanitarie locali, con circa 19.000 feriti, e potrebbe essere peggiorato di molto dopo la notte di bombardamenti più intensa dall’inizio della guerra. L’assedio aggraverà le morti causate dagli attacchi, poiché i medici saranno costretti a decidere chi curare o meno e la gente rimarrà senza cibo, acqua e medicine.
Prima del 7 ottobre, tra i 300 e i 500 camion di rifornimenti attraversavano Gaza ogni giorno, dove la maggior parte delle persone dipendeva dagli aiuti umanitari. Oggi, nonostante il valico di Rafah sia aperto, dal 20 ottobre sono entrati solo 84 camion. Una risposta decisamente inadeguata ai bisogni costanti e crescenti di Gaza.
Infine, chi vuole cercare sicurezza attraverso il confine deve essere autorizzato a farlo senza pregiudicare il proprio diritto di tornare a Gaza. Il personale internazionale MSF che lavorava a Gaza prima della guerra si trova ora nel sud e non è più in grado di coordinare le attività umanitarie. Anche a loro deve essere permesso di attarversare il confine con l’Egitto.
Alcuni dei 300 operatori palestinesi di MSF si sono trasferiti a sud di Gaza insieme alle famiglie per trovare un riparo dai bombardamenti. Molti altri colleghi palestinesi, invece, continuano a lavorare e a fornire cure salvavita negli ospedali e in tutta la Striscia di Gaza, mentre le protezioni più elementari per gli ospedali e il personale medico non sono garantite.
«Siamo pronti ad aumentare la nostra capacità di aiuto a Gaza con l’invio di nuovi team e forniture mediche per supportare la risposta medica di emergenza, non appena la situazione lo consentirà – dichiara il dr. Christos Christou, presidente internazionale di MSF -. Finché i bombardamenti continueranno con l’attuale intensità , qualsiasi sforzo per aumentare gli aiuti sarà inevitabilmente insufficiente».
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