Coronavirus, drastico calo di ordini ai Food Delivery

Il panico sta colpendo il mondo del Food Delivery, il calo degli ordinativi sta producendo una “messa a risposo” della gran parte dei Riders veronesi. «Oggi i clienti scappano alla sola vista di un fattorino, quasi fosse un portatore conclamato del Covid-19» affermano da Riders Union CISL Verona.

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«Il panico sta colpendo il mondo del Food Delivery come una catastrofe. Il calo degli ordinativi del 80/100% da ieri sera sta producendo una “messa a risposo” della gran parte dei Riders veronesi» affermano da Riders Union CISL Verona. «A Verona si stimano essere oramai più di 1.000 le persone che svolgono questo lavoro: chi con una certa regolarità e chi invece solo “just in time”, ovvero occasionalmente per guadagnare qualche euro».

La vita per questi lavoratori e lavoratrici non è cambiata: né le innovazioni legislative, né la sentenza della Cassazione ha modificato le condizioni di lavoro che rimangono quelle disciplinate dal lavoro autonomo o parasubordinato.

«Solo l’azione davanti a un giudice oggi può permettere l’emersione da quello che a volte può essere considerato lavoro irregolare: totale eterodirezione e organizzazione del lavoro non determinata dai ciclofattorini, per non parlare degli orari» dicono da Riders Union CISL Verona.

«Giovani svantaggiati, extracomunitari, universali, studenti, disoccupati che come visto rischiano la vita sui mezzi per consegnare il più velocemente possibile oggi si trovano senza lavoro» continuano da Riders Union CISL Verona. «Nessun ammortizzatore sociale, nessuna tutela per quelli che appaiono i fantasmi di un mercato del lavoro che al di là dei proclami di molta politica non produce tutele reali».

«Oggi i clienti scappano alla sola vista di un fattorino, quasi fosse un portatore conclamato del Covid-19 o che il virus si annidasse tra le pietanze trasportate» concludono da Riders Union CISL Verona. «A breve a Verona avremo Food4me, fucina di un esperimento sociale di riscatto. Riscatto dall’illegalità, ma vorremmo anche dall’incultura della disinformazione».