«La pandemia ha impresso un’incredibile accelerazione ad alcune tendenze che erano già in atto e altre ne ha evidenziato. La fase odierna mette insieme crisi ed esigenza di cambiamento: tutti devono ripensare il proprio modello di business». Lo ha detto il presidente di Confcommercio Verona Paolo Arena nel suo intervento svolto in occasione dell’assemblea ordinaria dei soci che si è svolta lunedì 14 dicembre in videoconferenza.
«Sarà difficile tornare indietro e togliere alla tecnologia digitale il ruolo assunto durante la pandemia, ma sono convinto che debba essere raggiunto un equilibrio tra le persone, il modello di vita che conosciamo e la tecnologia -, ha aggiunto Arena -.
Le nostre imprese hanno un enorme punto di forza su cui fare leva: quella parte umana che fa la differenza, quella irrinunciabile componente relazionale e consulenziale che è fondamentale e che sarà fondamentale quando questa emergenza sarà terminata. C’è un grande desiderio di società di incontro e confronto, insomma di vita reale e noi tutti saremo chiamati a guidare la rinascita della nostra società e del nostro Paese. La gestione dell’emergenza, che purtroppo permane ha visto un governo confuso disordinato che purtroppo ha perso la bussola: i tanti Dpcm che dovevano fornire una guida sicura, una rotta sicura dove navigare anche in questo mare in tempesta, non hanno tenuto conto delle aspettative e della necessità di chiarezza di tante imprese, che hanno vissuto e continuano a vivere invece nell’incertezza più totale del futuro in una tempesta di perfetta confusione che sembra non finire mai».
«Siamo in lockdown sì o no? -, ha incalzato Arena -. Perché se lo siamo, il Governo prenda la responsabilità politica di questa scelta e la porti fino in fondo, prevedendo parallelamente alle chiusure ristori congrui per le aziende. Questi lockdown mascherati generano confusione e continuano a martoriare il tessuto imprenditoriale del commercio, dei pubblici esercizi, del turismo, delle professioni e del trasporto persone. Le attività economiche si devono poi incastrare tra mille disposizioni diverse, con casi assurdi: pensiamo ai negozi che si trovano all’interno dei centri commerciali, che dovranno rimanere chiusi nei weekend, per un totale di 18 giorni su 34, in un periodo che storicamente produce il 20% del loro fatturato. Ancora, pubblici esercizi aperti ma solo a pranzo e per alcuni giorni solo per utenti del proprio comune, norma che come molte altre stiamo cercando di far modificare, soprattutto per i tanti piccoli comuni che esistono nella nostra Provincia. Le restrizioni previste dall’ultimo provvedimento del Governo rischiano di causare un’ulteriore perdita di consumi e di Pil di circa 17,5 miliardi di euro nel quarto trimestre dell’anno, concentrata negli ambiti della ristorazione e del turismo, della convivialità e della ricreazione in generale, dei trasporti e della cura della persona, portando a una riduzione complessiva dei consumi nel 2020 ad oltre 133 miliardi di euro rispetto al 2019 (-12,2% in termini reali). La caduta della spesa presso gli alberghi supererebbe il 55% e quella presso la ristorazione si avvicinerebbe al 50%».
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«Servono ristori e indennizzi adeguati, tempestivi, inclusivi, con ampie moratorie fiscale. Le nostre aziende devono essere tenute in vita anche perché senza impresa non c’è ricchezza né lavoro. Noi vogliamo lavorare, tenere aperto non perché siamo dei negazionisti ma perché ad oggi è l’unica via che ci fa sperare nel poter introitare un minimo di fatturato per non vedere andare in fumo la nostra azienda le nostre certezze. Bisogna fare di più su tutti i fronti, e rivedere soprattutto il tema-liquidità, abbinando provvedimenti che stimolino la domanda e gli investimenti. Per quanto riguarda il Recovery Plan, la lettura dell’impianto e dei contenuti fin qui emersi conferma purtroppo quanto, ancora una volta, abbia fin qui negativamente pesato la mancanza di un metodo di confronto continuo e strutturato con le parti sociali proprio per mettere a punto quel progetto chiaro, condiviso e coraggioso per il futuro del Paese richiamato dal governo che usa sempre parole confortanti ma che sono ben distanti dall’essere messe in atto. Oggi molti nodi che avevamo denunciato con forza stanno venendo al pettine. C’è un eccesso di offerta nel commercio e nei pubblici esercizi, figlia della riforma Bersani, che abbassa la marginalità e fa da stura a fenomeni come le infiltrazioni malavitose nel settore. Forse qualcuno dovrà fare un mea culpa sull’aver tolto la dignità istituzionale ai nostri settori con la convinzione che la libertà senza regole di accesso al mercato senza troppi limiti fosse la soluzione per la crescita; libertà e deregulation che ha toccato però solo il mondo del terziario che continua ad essere guardato con sospetto, sbeffeggiato e non considerato per quello che vale».
«Ne è un esempio la lotteria degli scontrini, cui si collega l’obbligo di legge di accettazione di pagamenti tramite carta senza aver prima risolto il problema del costo di questi strumenti che ovviamente rimangono sempre a carico dell’imprenditore. Lo scopo, poi? Quello di limitare l’uso del contante di poter tracciare le abitudini i consumi dei cittadini e ovviamente diminuire secondo i grandi esperti il così detto nero, l’economia sommersa. Quell’economia sommersa che da troppi anni, troppi governi continuano ad imputare alle aziende che noi rappresentiamo chiudendo gli occhi sugli effettivi problemi che generano la grande elusione ed evasione che certo non fanno parte dei nostri mondi ma che a troppi sono convinto convenga far credere. Non smetteremo mai di continuare a chiedere il principio della gratuità effettiva dell’uso e dell’accettazione degli strumenti elettronici di pagamento. Basta continuare a chiedere alle aziende di sostenere costi improduttivi per adeguare per l’ennesima volta registratori di cassa per capricci ed esperimenti dell’ennesima task force governativa. Questo momento storico ci consegna una assoluta necessità di una proroga sull’avvio della lotteria degli scontrini perché solo il 60% dei registratori telematici è stato aggiornato ed è impossibile un adeguamento di tutti gli apparecchi entro la fine dell’anno. Un ritardo non imputabile ai commercianti, visto che il mercato, anche a causa della pandemia, non è stato in grado di fornire l’aggiornamento degli apparecchi per una così amplia platea di soggetti».
«Abbiamo proposto che Legge di Bilancio e il piano nazionale di ripresa e resilienza mettano in moto una nuova stagione d’investimenti e di riforme che consentano d’innescare più produttività e più crescita. Basta con i contributi a pioggia senza prospettive e senza strategia. La pandemia ha imposto alle nostre piccole e medie imprese una trasformazione digitale e si stanno attivando per garantire un’offerta multicanale senza perdere la loro identità che è anche la loro forza. La persona al centro di tutto. La pandemia è stata una accelerazione per molti cambiamenti e decisioni. Oggi è il momento di iniziare a scrivere un nuovo futuro dove mettere fine al problema della distorsione della competitività».
Il presidente Confcommercio ha illustrato infine alcuni dati: «Solo nei primi sette mesi dell’anno, nel nostro territorio sono stati bruciati oltre 7,3 milioni di giornate di presenza turistica. Solo 2,7 milioni di pernottamenti nelle strutture ricettive veronesi, contro i 10 milioni rilevati nel medesimo periodo del 2019. Una flessione di oltre il 73%. Il bilancio a chiusura d’anno sarà ancora peggiore, e le previsioni l’immediato futuro non sono certo buone, con uno scenario condizionato dalle restrizioni, dall’emotività e dall’incertezza che rischiano di far saltare il business di molti portandolo al punto di non ritorno».