Berto Salotti, la bottega artigianale diventa digital

Oggi durante una lezione di Economia Aziendale all'Università di Verona è intervenuto Filippo Berti, imprenditore della Berto Salotti di Meda, che ha raccontato la storia della sua azienda e come un'efficace rete e sistema di marketing siano riusciti ad aumentare esponenzialmente le vendite anche durante l'emergenza sanitaria.

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Berto Salotti nasce a Meda, un territorio florido per il legno e l’arredo brianzolo. Dalla fine del ‘700 qui si producono mobili e c’è una vera e propria vocazione alla lavorazione del legno, con esportazioni fino in Sudamerica.

Negli anni ’50 in questa città si crea un connubio fortunato tra imprenditori illuminati e designer e architetti unici che segnerà l’Italia come protagonista del design. E proprio qui dieci anni dopo arrivano i fratelli Berto, che dal Veneto cercano lavoro, in un’Italia che sta vivendo un dopoguerra impegnativo.

Berto è una famiglia che si dedica a un’impresa, non un’impresa familiare. Vivevano letteralmente per il lavoro, il telefono di casa era lo stesso dell’azienda, racconta Filippo Berto, erede di questo patrimonio, durante l’incontro di oggi presso l’Università di Verona. La famiglia era un vero e proprio organo di governo: il padre di Filippo si occupava del commerciale, lo zio del reparto produttivo.

Berto racconta: «Arrivati agli anni ’90 cambia il mercato e iniziano le difficoltà per una famiglia come la nostra, senza budget per grandi investimenti per l’export, fiere e globalizzazione dilagante. Nascono i franchising, arriva IKEA e con essa anche la distribuzione moderna. Il nostro prodotto, seppur di altissima qualità, non era più appetibile per i clienti, che non coglievano il valore della qualità».

L’identità allora è la prima cosa nella quale hanno investito: hanno visto il loro valore e hanno deciso di comunicarlo tramite la rete. Si è creata così un’unicità e uno spazio nel mercato sufficientemente ampio da essere efficace ma allo stesso tempo abbastanza piccolo da essere difeso. Oltre al laboratorio artigianale si andava quindi creando un altro laboratorio parallelo: quello della comunicazione.

La rete e un efficace sistema di marketing hanno sicuramente aiutato durante la pandemia, oltre alla capacità di pianificare, Berto infatti confessa che hanno già in serbo un piano C e un piano D per i mesi a venire.

Prosegue Berto: «La prima cosa importante che ritrovo nella mia esperienza è che vedo le cose in modo diverso. Vedo in maniera chiara la storia dei miei genitori, che da piccolo vivevo da una prospettiva diversa, quella di figlio; ora vedo lo sforzo immenso che hanno fatto. Abbiamo rivisitato il nostro modello di business, abbiamo deciso di comunicare il valore dei nostri prodotti e della nostra realtà direttamente con il cliente finale tramite la rete. Abbiamo installato quindi una mentalità digitale che si è rivelata rivoluzionaria. Il volume di richieste che arriva dalla rete è incredibile: internet ci obbliga a definire un nuovo organigramma; questo ci ha permesso di crescere esponenzialmente di anno in anno. Dopo le comunicazioni in rete, è nato di conseguenza un catalogo, un’art direction, una forma di design coerente con la nostra realtà: abbiamo imparato a costruire una tecnologia delle comunicazioni anche nel nostro showroom».

Durante l’emergenza sanitaria non hanno poi tralasciato l’aspetto umanitario: il 5% di ogni vendita veniva infatti donato alla fondazione Ca’ Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e ai volontari di Meda.

Berto prosegue poi con una parentesi sull’importanza della creatività in un settore come l’artigianato: «Il focus della creatività oggi è il cliente, il nostro lavoro è entrare nella mente dei clienti e realizzare qualcosa bello, dal punto di vista estetico e progettuale e funzionale, e far sognare il cliente. La nostra creatività viene quindi messa al servizio del cliente, a cui prestiamo molta attenzione».