Al via il festival “Caro mostro. Duecento anni di Frankenstein”, una settimana di appuntamenti aperti alla cittadinanza, dal 4 al 9 novembre, che l’università di Verona, in collaborazione con il Comune, dedica a Frankenstein, protagonista del famoso romanzo gotico di Mary Shelley, in occasione del bicentenario della pubblicazione. L’iniziativa è stata presentata questa mattina a Palazzo Giuliari dal rettore Nicola Sartor, dal direttore artistico del “Verona film festival” Paolo Romano e dai coordinatori scientifici del festival Nicola Pasqualicchio e Alberto Scandola.
Dalle origini del mito alle rappresentazioni cinematografiche, dall’immaginario letterario alla scoperta delle nuove frontiere della scienza. È questo il cuore di “Caro mostro. Duecento anni di Frankenstein” che questa mattina è stato presentato di fronte ai direttori delle quattro scuole di dottorato dell’Università di Verona che hanno reso possibile l’iniziativa. La loro collaborazione ha permesso l’interazione tra le prospettive storiche, critiche ed estetiche con la riflessione scientifica, filosofica e giuridica su tematiche di grande e attualità. La sinergia con il Comune ha poi permesso di organizzare l’evento in una prospettiva di apertura e offerta culturale di alto livello divulgativo a tutta la città, coinvolgendo anche docenti e studenti di alcuni licei veronesi.
Il palazzo della Gran Guardia, il polo Zanotto e la Società Letteraria saranno i luoghi in cui si svolgerà la “maratona frankensteiniana”, che comprenderà un convegno di quattro giornate, una rassegna cinematografica e la lettura continuativa distribuita tra settanta lettori dell’intero romanzo della Shelley. Il progetto inaugura “Limen“, neonato centro di ricerca sul fantastico nelle arti dello spettacolo, diretto da Nicola Pasqualicchio e Alberto Scandola del dipartimento di Culture e civiltà, che hanno anche coordinato il festival.
Nel 1818 Mary Shelley,appena ventenne, pubblicava il suo capolavoro e nei duecento anni che sono seguiti i suoi personaggi non solo non sono stati dimenticati, ma sono anzi sempre più profondamente penetrati nell’immaginario della nostra cultura, al punto di trasformare Frankenstein in un vero e proprio mito moderno. Un mito che ha trasceso i confini della letteratura per sconfinare nel teatro, nel cinema, nei fumetti, nel linguaggio comune e diventare anche il simbolo dei problemi morali e delle inquietudini legate alle nuove frontiere della genetica, della chirurgia, della robotica.